Gian Antonio Stella
La consegna del Nobel per la letteratura all’austriaco Peter Handke, schierato durante la guerra civile in Jugoslavia dalla parte dei serbi di Slobodan Milosevic e del generale Ratko Mladi, il macellaio di Srebrenica, ha riacceso le polemiche: si può premiare una persona per un pezzo solo della sua vita ignorando il resto? Mah… Al di là dei distinguo di oggi (uomo discutibile, grande scrittore) è comunque un peccato non aprire una riflessione su come è stato dato nei decenni il Nobel più importante, quello della pace. Perché, certo, la scelta di alcuni politici autori di passi storici ma anche di incoerenze pacifiste (dall’americano Kissinger al vietnamita Le Duc Tho, da Arafat a Rabin o Obama) può essere motivo di dibattito, ma altri Nobel nella lista gridano vendetta. Un esempio? La svedese Alva Reimer Myrdal, premiata nel 1982 per l’«impegno a favore del disarmo» svolto durante la sua seconda vita, dedicata alla diplomazia. Nella prima, infatti, la donna si era dedicata insieme col marito Gunnar Myrdal (lui pure Nobel per l’economia nel ‘74) alla politica e alla definizione del sistema sociale del suo Paese. E scrisse con lui un libro, Kris i befolkningsfrågan (La crisi nella questione demografica), teorizzando nel 1934 l’urgenza di soluzioni eugenetiche raggelanti. Un esempio? «Consentire a dei genitori idioti di riprodursi ci sembra un argomento indifendibile, da qualsiasi punto di vista. Ogni caso, è un caso di troppo». Una tesi che apriva all’oscena legge eugenetica svedese del ’35 (che avrebbe portato alla sterilizzazione di oltre 63 mila persone «difettose», uno scandalo coperto per quarant’anni) ed era in linea con le idee che si andavano imponendo nella Germania nazista per compiersi nella mattanza dei disabili nota come progetto AktionT4. Di più: quel 1935 fu anche l’anno in cui, per una delle contraddizioni della storia, il Nobel svedese per la pace venne assegnato a uno che se lo meritava davvero, il pacifista tedesco Carl Von Ossietzky. Che non poté mai ritirare il premio perché da due anni era nelle carceri hitleriane. A proposito: sarebbe il caso che Wikipedia, nella pagina in cui elenca i vincitori del Nobel, rimuovesse accanto alla foto del martire non violento il simbolo del Terzo Reich. Che sventola con tanto di croce uncinata.