Gianni Trovati

Il «necessario riesame del Patto di stabilità» per il rilancio degli «investimenti in infrastrutture, reti, innovazione, educazione e ricerca»; e «una fiscalità europea che elimini le forme di distorsione concorrenziale e affronti il tema della tassazione delle grandi imprese multinazionali». Nel messaggio che ha aperto i lavori della seconda giornata del Forum Ambrosetti a Cernobbio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è diretto nell’indicare gli snodi centrali della nuova legislatura europea che sta per muovere i primi passi operativi. E sottolinea il «ruolo di primo piano» che l’Italia è chiamata a svolgere, «partecipando con convinzione e responsabilità a un progetto europeo lungimirante». Ruolo che il governo intende giocare anche con la candidatura di Paolo Gentiloni agli Affari economici Ue. Il messaggio del Capo dello Stato arriva a una platea di imprenditori ed economisti unanime nel salutare con sollievo l’uscita del sovranismo italiano dall’agenda di governo (e, parallelamente, nel bocciare senza appello la gestione londinese di Brexit). E incrocia le discussioni sulla politica di bilancio italiana. Ma i piani restano distinti. E non solo perché Roma ha venti giorni di tempo per presentare la Nota di aggiornamento al Def mentre Bruxelles avrà cinque anni per provare a colmare i tanti vuoti lasciati fin qui nell’impianto delle regole fiscali. Il punto è che difficilmente il nuovo giro di trattative con la Ue potrà limitarsi alla flessibilità, intesa come autorizzazione a un maggiore deficit. Perché il debito è già al secondo anno di crescita. E non può essere curato a colpi di regole contabili. I due livelli – manovra italiana e riforma del Patto Ue – si possono però intrecciare in un orizzonte temporale un po’ più lungo rispetto ai soliti sincopati negoziati autunnali. Sia a Roma sia a Bruxelles stanno per iniziare a lavorare due nuovi esecutivi e le aperture di credito internazionali continuano a piovere sul Conte 2. Ieri a Cernobbio è stato il turno del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire: il nuovo governo, sostiene, è «un’opportunità unica» per i rapporti fra il nostro Paese e un’Europa «che ha bisogno dell’Italia». Ma in cosa si può tradurre questa opportunità? Il contesto è quello disegnato dall’ex premier Mario Monti (che ancora non si esprime sul proprio voto quando il governo chiederà martedì la fiducia al Senato). L’Unione, spiega Monti nel forum a porte chiuse della mattina, dovrà sviluppare «cinque anni di fantasia», nella ricerca di soluzioni nuove per adattare le regole fiscali a un contesto di rallentamento. E in quest’ottica l’Italia non potrà limitarsi a chiedere deficit di manovra in manovra. Una strada percorribile, riflette l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, è quella di un «patto triennale» con la commissione, per concordare l’avvio di un percorso di riduzione del debito che sarà difficile da consolidare subito con una stagnazione ancora da superare. Nel patto, accanto alla flessibilità iniziale, dovrebbe trovare spazio un nuovo piano di riforme e «una prospettiva di aumento dell’avanzo primario». Il nodo, agli occhi degli investitori prima ancora che della commissione, è naturalmente la credibilità del piano. Per rafforzarla, secondo l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli sarebbe utile «un tetto triennale alla spesa da far votare in Parlamento, per offrire la garanzia che con la ripresa le maggiori entrate fiscali finirebbero alla riduzione del deficit». Perché un dibattito tutto orientato su golden rule e trattamenti fiscali di favore per gli investimenti è scivoloso in un Paese ad alto debito. «La golden rule è stata applicata per esempio nel Regno Unito con Tony Blair – ricorda l’economista -, ma accompagnata da un’altra regola: un tetto al debito pubblico. Al 40% del Pil».