Giorgia Canali
Il claim della prossima Giornata Mondiale dell’Alimentazione, celebrata dalla FAO il 16 ottobre, è «Un’alimentazione sana. Per un mondo #Famezero», con l’accento posto non solo sulla necessità di ridurre il numero di persone che hanno difficoltà ad accedere al cibo, quanto piuttosto sul tipo di cibo che si consuma. Su questo tema Slow Food lavora e si batte da ormai 30 anni denunciando come la globalizzazione e l’urbanizzazione abbiano sradicato abitudini alimentari legate a tradizioni, territori e prodotti locali, a favore di prodotti trasformati e slegati da stagioni e culture. Questi stili di vita scorretti hanno causato da un lato un aumento dell’obesità in molti Paesi del mondo e dall’altro un incremento della malnutrizione. I dati diffusi dalla FAO sono allarmanti: oltre 672 milioni di adulti e 124 milioni di giovani tra i 5 e i 19 anni sono obesi, e più di 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni sono in sovrappeso, mentre circa 820 milioni di persone soffrono la fame. La dieta scorretta è uno dei principali fattori di rischio di morte in tutto il mondo per malattie non trasmissibili, tra cui patologie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro. Obesità e altre forme di malnutrizione colpiscono in media una persona su tre. Secondo le proiezioni il numero sarà di una persona su due entro il 2025. Senza contare il costo che si ripercuote sui budget sanitari nazionali. Mettendo l’accento sulla qualità del cibo che consumiamo, la FAO ci aiuta a non allontanare il problema, chiamando in causa quelle scelte quotidiane che sono alla portata di tutti, se solo fossimo pronti a impegnarci per un mondo più sostenibile. Tutelare la biodiversità è da sempre al primo posto tra le priorità di Slow Food, che da anni cerca di fare la sua parte portando avanti progetti come i 10.000 Orti in Africa, che vogliono garantire alle comunità cibo fresco e sano, ma anche formare una rete di leader consapevoli del valore della propria terra e della propria cultura, che diventano protagonisti del cambiamento e del futuro di questo continente. O ancora come i Presìdi e l’Arca del Gusto, che salvaguardano i prodotti in via di estinzione, vera memoria dei nostri territori e delle nostre tradizioni. Occorre tutelare quell’agricoltura famigliare che nel mondo gioca un ruolo centrale per sconfiggere la fame e rappresenta il motore di economie replicabili e positive.