Sulla riforma della giustizia — che resta uno dei principali ostacoli sul cammino del governo Conte 2 — Cinque Stelle e Pd provano a disegnare un percorso che eviti la rottura. Ieri il premier ha incontrato a Palazzo Chigi il Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede e il suo predecessore, oggi vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, assieme al sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, anche lui del Pd. All’uscita prevalgono le dichiarazioni distensive, dalle parole come sempre entusiaste del ministro che promette soluzioni entro la fine dell’anno a quelle più prudenti degli altri, ma per adesso s’intuisce solo che ci vorrà un nuovo disegno di legge e che gli accordi trovati sono soprattutto sulle buone intenzioni. Come la riduzione dei tempi dei processi, da chiudere entro quattro anni nei diversi gradi di giudizio. A luglio il progetto Bonafede varato con la precedente maggioranza aveva fissato il tetto a nove, scesi a sei dopo le proteste leghiste, ora è stato ulteriormente abbassato. Ma si tratta di termini che dovranno fare i conti con il carico di lavoro dei magistrati, altrimenti la sanzione di procedimenti disciplinari per chi non dovesse rispettare i tempi resterà un’arma spuntata. Tuttavia arrivare a definire un limite massimo, per quanto teorico, serve ai Cinque Stelle per non tornare indietro sulla legge (già in vigore) che dal prossimo 1° gennaio abolisce la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Il Pd avrebbe voluto una modifica per rimandare la scadenza, Bonafede no perché il suo Movimento ne ha fatto una bandiera, e ora cerca di accelerare sula riforma che dovrebbe accorciare i tempi dei processi in modo da poter dire che non serve reintervenire sulla prescrizione. Ma bisogna vedere quale sarà il risultato finale. Così come bisognerà vedere che tipo di accordo si riuscirà a raggiungere sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura, «unico punto di divergenza» ammesso dal Guardasigilli. E se anche fosse vero non sarebbe poca cosa. Lui aveva inserito il sorteggio preventivo dei magistrati da eleggere, che al Pd non piace anche perché ci sono fortissimi dubbi di incostituzionalità. Ci vuole una terza via, non ancora individuata.