Giuseppe Guastella
Ci sono imprese italiane che, «invece di investire in innovazione, investono in tangenti» quando fanno affari nei paesi del terzo mondo. E così che «a livello internazionale al colonialismo si è andata via via sostituendo la corruzione che ha sostenuto regimi corrotti e dittatoriali, depredando per pochi spiccioli le risorse» naturali di quegli stessi Paesi. È il panorama che scruta Francesco Greco dal ponte di comando della Procura della Repubblica di Milano, l’ufficio inquirente italiano con il maggior numero di indagini per corruzione internazionale, tra le quali quelle che coinvolgono manager dell’Eni oppure il caso del presunto progetto di un finanziamento da 65 milioni di dollari alla Lega ordito in Russia dietro il paravento una fornitura di prodotti petroliferi. Greco interviene alla presentazione del bilancio sociale per il 2018 redatto da ciascuno degli uffici giudiziari milanesi, il suo compreso, per dire che la corruzione internazionale «ha effetti negativi sia sugli stati vittime, sia nei confronti delle nostre imprese» ed «incide direttamente o indirettamente» sulle popolazioni dei Paesi coinvolti. Nel testo della sua relazione, aggiunge che in meno di due anni il dipartimento guidato dall’aggiunto Fabio De Pasquale ha indagato su «numerosi casi di corruzione, fiscalità e riciclaggio internazionali». La conclusione è che «la corruzione comporta uno sviluppo distorto dell’economia perché al posto della concorrenza tra imprese meritevoli ed innovative sostituisce la tangente che, da un lato, fa vincere l’impresa illecita a scapito di quella meritevole e, dall’altro, alimenta la formazione di personale politico e pubblico incapace e disonesto», ma ci sono anche casi in cui parte delle tangenti tornano nelle tasche dei manager delle società che le hanno versate. In questo modo, aggiunge, è stato impedito lo «sviluppo democratico, economico e sociale di intere popolazioni» che sono «mantenute a livello di povertà e costrette ad emigrare per fame» verso i paesi più ricchi. Un «circolo vizioso», una vera e propria «maledizione delle risorse» che la sua Procura «è impegnata a combattere».