Giuseppe Guastella

Un preciso «piano criminoso» con una «strategia ricattatoria» dalla «matrice» doppia: estorcere soldi al presidente di Confcommercio e costringerlo alle dimissioni. Esploso un anno fa dopo le accuse di molestie sessuali fatte contro Carlo Sangalli dalla sua ex segretaria, il caso si ribalta clamorosamente contro di lei e Francesco Rivolta, l’ex direttore generale della potente organizzazione. Entrambi sono indagati per estorsione aggravata dalla Procura di Roma che ha ottenuto il sequestro dei 216 mila euro donati alla donna con atto notarile da Sangalli, che dal 2006 è alla guida della Confederazione che raccoglie più di 700 mila imprese. La vicenda È un esposto firmato da Sangalliadare il via all’inchiesta del sostituto procuratore Margherita Pinto, coordinata dall’aggiunto Lucia Lotti. Il 2 novembre scorso il Corriere aveva rivelato l’esistenza di una lettera del giugno precedente in cui tre vice presidenti accusavano Sangalli di questioni «etico morali» con riferimento velato alle notizie sulle molestie sessuali nel mondo del cinema Usa che in quel periodo campeggiavano sui giornali. Sangalli aveva reagito alla missiva dicendo che non si sarebbe dimesso, di non sapere a cosa si riferissero e di non aver mai molestato nessuno. Dietro la vicenda emersero le accuse della ex segretaria Giovanna Venturini per molestie subite nel 2012 (ma mai denunciate e quindi mai investigate) e una donazione di 216 mila euro fattale da Sangalli a gennaio 2018. «Trama estorsiva» Sangalli, assistito dall’avvocato Domenico Aiello, denuncia «di essere stato vittima di una trama estorsiva ordita» da Venturini e Rivolta, il quale gli avrebbe inviato una serie di sms, che in parte cancellò per paura che potessero essere letti dai familiari e dai collaboratori. Nel sequestro ordinato a fine luglio dal gip Elisabetta Pierazzi si legge che «la minaccia di rivelare l’esistenza di una relazione extraconiugale e di rendere dichiarazioni circa molestie sessuali subite sul posto di lavoro dal presidente di Confcommercio appare idonea a coartare la volontà» dello stesso Sangalli, come è accaduto, sottolinea. Rivolta, accusa Sangalli, «si poneva come intermediario per evitare uno scandalo che avrebbe a suo dire coinvolto anche Confcommercio e chiedeva di pagare per il silenzio della donna e di rassegnare le dimissioni». «Bomba a orologeria» Interrogato dal pm a dicembre Sangalli dice di essere stato preda di un «grande sconforto» al punto da aver «meditato il suicidio» nonostante non avesse mai fatto nulla di disdicevole e di aver ceduto inizialmente alle «richieste» di denaro proprio per timore. Decise di non dimettersi nel momento in cui si rese conto «della assurdità della situazione», anche quando Rivolta gli prospettò che il «risentimento della Venturini» cresceva. La quale, precisa a verbale, non gli aveva mai contestato nulla direttamente, tanto che «davanti al notaio era apparsa serena e alla fine l’aveva anche ringraziato». Fu allora che Sangalli incaricò un detective di indagare su Rivolta e Venturini, scoprendo, sostiene, che tra loro c’era una relazione (entrambi hanno smentito) e che il ruolo di Rivolta «non era quello dell’intermediario disinteressato». Ma perché il dg avrebbe dovuto tramare contro di lui? Il presidente è convinto che fosse per un diverbio in cui, nel settembre 2017, lo aveva accusato di «atteggiamenti invadenti». Ipotesi concreta, secondo il giudice, perché è proprio in quel periodo che si manifesta «come una bomba a orologeria» la volontà di denuncia della Venturini, riferita però da Rivolta che «insinua subdolamente nell’animo di Sangalli la paura». A far ritenere al gip che ci siano elementi concreti sulla «sussistenza del reato» sono anche le indagini dei Carabinieri che «confermano pienamente e ben oltre il limite del fumus la fondatezza della denuncia», «la credibilità della persona offesa», la «strategia ricattatoria» e l’ambizione di Rivolta che voleva «le dimissioni del presidente» perché «temeva di essere allontanato da Confcommercio», cosa che è avvenuta a ottobre del 2018. «Mi chiese di mediare» Rivolta ha sempre sostenuto che fu Sangalli, preoccupato «per la sua immagine e la sua reputazione», a chiedergli di fare da mediatore con la signora Venturini che, da parte sua, voleva essere tutelata e «scongiurare uno scandalo». E fu sempre Sangalli a decidere di pagare con un accordo che prevedeva anche le sue dimissioni. Per quanto riguarda il proprio licenziamento, ha detto che fu una ritorsione e una vendetta dopo che aveva chiesto di chiarire questioni legate a vicende assicurative interne a Confcommercio. Venturini ha detto di essersi dovuta difendere dalle attenzioni di Sangalli che considerava come un padre. Ha chiestoaluglio di essere interrogata dal pm Pinto. «Ho depositat o u n ’ istanza d i presentazione spontanea immediatamente dopo aver avuto conoscenza dell’esistenza del procedimento», dichiara il legale della signora, l’avvocato Paolo Gallinelli, il quale ha anche chiesto al Tribunale del riesame la revoca del sequestro (udienza il 21 ottobre) e ha depositato atti che chiudono la causa avviata dalla signora Venturini davanti al giudice del lavoro contro Confcommercio. A firmarli per l’organizzazione è un procuratore speciale di Sangalli.