Goffredo De Marchis

«L’unica ragione di vita di Conte è quella di fregare me» . Matteo Renzi alla Leopolda vara il simbolo del nuovo partito in un tripudio di luci e musica e non fa niente per smentire le tensioni con il presidente del Consiglio e l’idea di uno scontro che nasce da un patto del premier con il Pd. Ogni giorno la rottura sembra a un passo. Ma Renzi ribalta lo schema. Lui l’agnellino, gli altri i lupi. Lui buono, gli altri cattivi. Italia Viva non studia sabotaggi, semmai è costretta a difendersi da chi la considera un pericolo. «Avete ragione — dice ai suoi fedelissimi — non dobbiamo fare gli sfascisti, dobbiamo imparare a stare in coalizione. Non alimentiamo polemiche. Però il comportamento di Conte mica è normale». Così la linea dura dev’essere immediatamente corretta. Nell’affollatissima kermesse fiorentina Maria Elena Boschi dice chiaro e tondo: «Il Pd è il partito delle tasse, noi siamo un’altra cosa» . È la miccia che Renzi non vuole accendere. Non adesso, per calcolo: non sia mai Pd e Conte immaginassero davvero di andare al voto. Italia Viva non è affatto pronta. Anche se lui è il primo a dire che certe tasse o microtasse del decreto fiscale non vanno, che con i 5 Stelle si può provare a cambiare le cose in corsa. Ma senza andare oltre. «Faremo un emendamento anche su quota 100, vedremo chi vincerà in Parlamento». Le parole della capogruppo di Italia Viva alla Camera spiazzano infatti i partecipanti alla Leopolda, molti dei quali sono ex Pd, presentati sul palco in pompa magna come fuoriusciti, come portatori di uno spirito libero che tra i dem era ingabbiato. La scissione però è sempre un po’ dolorosa e certi colpi bassi non sono graditi. «Io l’ho detto a Matteo e ad altri. Gli addii sono un terreno scivoloso — spiega Giacomo Portas che ha portato i suoi “Moderati” sotto il nuovo simbolo — Guardate Leu, la guerra non ha pagato. Bisogna ragionare di un campo largo del centrosinistra, non dividerlo. Aggiungere, non togliere» . Perciò Portas non si spiega l’uscita della Boschi: «È una ragazza intelligente, preparata ma stavolta ha proprio sbagliato. Non la capisco» . Che abbia sbagliato lo pensa anche Renzi. Con un po’ di ritardo sente il malumore del suo popolo, legge sul telefonino il fuoco di fila di dichiarazioni del Pd che sembrano trovare un bersaglio facile. Allora non corregge in prima persona, lascia il compito a Francesco Bonifazi, un altro del Giglio magico. «Per me il Partito democratico non è il partito delle tasse e dirlo è sbagliato» , è la smentita di Bonifazi. Anche la ministra Teresa Bellanova sposta il baricentro della discussione. «Io dico che noi siamo no tasse». Senza accusare altri di essere dei Dracula. La pezza viene cucita solo in parte. Qui alla Leopolda emerge con chiarezza il trauma della scissione, la competizione con il Pd, il tentativo di sottrarre pezzi dem uno a uno. E anche un modo di stare al governo da sfidanti giorno dopo giorno. «Io non faccio polemiche dirette con Conte. L’altro giorno ho fatto intervenire Rosato, avete visto?» , spiega ancora Renzi ai fedelissimi per dimostrare tutta la sua buona volontà. L’ossessione di essere rassicurante accompagna la parabola renziana dai tempi delle primarie contro Bersani (2012). Non si dava pace, Renzi, perché l’avversario aveva comunicato meglio di lui una forza tranquilla. Ma non è il suo carattere. In più c’è da lanciare il movimento, vederlo crescere nei sondaggi, renderlo appetibile per chi soffre nel Pd. Ettore Rosato non è proprio quello che si dice un moderato. Infatti è l’unico a dire: ha ragione la Boschi sulle tasse. Zingaretti però ha reagito. In contatto con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in giro per l’Umbria «dove i leader ci mettono la faccia anche se è dura» e il riferimento è a Renzi che appena qualche giorno fa diceva: «L’Umbria? Ma noi li non partecipiamo» . Anche Nicola Zingaretti ha scatenato i suoi collaboratori. Enzo Foschi, vice presidente del Pd romano, usa la clava: «Noi non diciamo che Italia Viva è il partito di Banca Etruria e dei banchieri» . Intanto l’ha detto. Poi c’è la reazione moderata ma allusiva del presidente dell’Europarlamento David Sassoli: « Mi auguro che nessuno disperda la fiducia che l’Italia ha ora in Europa» . È una guerra di nervi e siamo solo all’inizio. Fuori dalla Leopolda, seduto su un gradino, un signore elegantissimo teneva in braccio un manichino di donna col velo e un cartello: «Oggi sposiamo le buone maniere» . Un avvertimento al governo giallo-rosso?