Guido Olimpio
Per ora c’è la versione ufficiosa di Teheran. Una petroliera iraniana — hanno annunciato — è stata danneggiata da un paio di esplosioni in Mar Rosso. Un attacco terroristico, è la definizione delle fonti. Un evento dagli immediati contraccolpi con un rialzo del 2% del prezzo del greggio. Mentre, in uno sviluppo non legato in modo diretto, Washington ha ordinato un rafforzamento del dispositivo militare in Arabia Saudita. L’incidente si è svolto in due fasi a circa 60 miglia dalla città saudita di Gedda. Un primo ordigno ha colpito la nave alle 5, quindi un secondo «botto» venti minuti dopo. L’attacco avrebbe causato qualche danno, compresa una perdita ridotta di greggio, peraltro subito contenuta e nessuna conseguenza per l’equipaggio. Una situazione non troppo complessa visto che il comandante ha potuto manovrare ed ha deciso di invertire la rotta dirigendosi di nuovo verso un proprio porto. Inizialmente gli iraniani hanno ipotizzato l’uso di missili, circostanza poi non confermata. Confusione anche sul nome dell’unità. Si era pensato che fosse la Sinopa, ma successivamente hanno precisato che la petroliera coinvolta era la Sabiti. Un particolare arricchito da un dettaglio fornito da esperti della società «Windward» alla Bbc. L’unità — in base ai loro rilevamenti — ha tenuto spento il suo segnalatore Ais per circa due mesi e lo ha riacceso poche ore prima dell’incidente. Un comportamento, secondo alcuni osservatori, che potrebbe essere spiegato con la volontà di nascondere le tracce di eventuali traffici, visto che il carico era destinato alla Siria, paese colpito da embargo. L’episodio ha suscitato attenzione in quanto si inserisce nella guerra delle petroliereein una regione già scossa dal bombardamento dei siti sauditi, azione rivendicata dai guerriglieri yemeniti Houti ma attribuita ai pasdaran iraniani. Dunque sono tante le ipotesi su quanto sia avvenuto:1. Una rappresaglia di Riad (anche se nelle ultime settimane nel regno hanno ammorbidito i toni verso il nemico). 2. Un atto compiuto da qualche gruppo che ha agito per conto dei sauditi. 3. Un sabotaggio dai contorni incerti simile a quelli che hanno coinvolto unità nel Golfo Persico: è possibile colpire, è difficile accertare la responsabilità. 4. Una provocazione. La via d’acqua peraltro è stata già teatro di operazioni condotte sia da gruppi proIran che elementi qaedisti, spesso hanno usato lanciarazzi o barchini esplosivi contro il traffico marittimo. E non da ieri, bensì dai primi anni 2000. In questo quadro di grande instabilità è arrivata una mossa da parte degli Usa. Il Pentagono ha disposto l’invio di altri 1.500 soldati, due formazioni di caccia, sistemi missilistici per potenziare la difesa dell’alleato saudita. Due batterie di Patrioteuna di Thaad dovranno fronteggiare eventuali minacce colmando «buchi» nella rete di Riad, rivelatasi incapace di sventare lo strike contro gli impianti Aramco, centrati da droni e cruise. Con il nuovo schieramento il numero dei militari statunitensi nella penisola sale a 3 mila uomini. Gli Usa trasmettono un doppio segnale. Per dimostrare solidarietà concreta ad un partner scettico sulle reali volontà di Trump e per ammonire Teheran.