Ilario Lombardo

Proprio mentre Matteo Renzi si godeva i ritrovati riflettori sul divano di Porta a Porta assicurando che non converrebbe innanzitutto a lui mettere in difficoltà il governo, la vicepresidente grillina del Senato Paola Taverna appuntava su Facebook: «Se la tua incauta operazione dovesse terminare nella caduta del nuovo governo Conte, allora ti chiederemo il conto». Il clima è questo. Un clima in cui nessuno si fida dell’ex leader dem. Non si fida il M5S, nonostante la clamorosa telefonata fatta a Luigi Di Maio. Non si fida Giuseppe Conte che sente riecheggiare il tormentone dello «stai sereno» rivolto da Renzi all’allora premier Enrico Letta. Non si fida chi dentro Forza Italia è combattuto dalla scelta se saltare o meno sulla nuova scialuppa renziana. In queste ore si sono riattivati canali di comunicazione aperti nella prima fase della crisi scatenata da Matteo Salvini. Quando si arrivò a una triangolazione tra pezzi del Pd, pezzi di Forza Italia e Palazzo Chigi. Si sentirono Mara Carfagna e Vincenzo Spadafora, il più attivo sul fronte del M5S durante le trattative per tenere a galla la legislatura. Si conoscono e si stimano da tempo. Si sentirono Renzi e Gianni Letta, come emissario di Silvio Berlusconi. Ed entrambi sentirono Conte. Mentre tra i 5 Stelle c’era chi aveva portato in fase avanzata un’interlocuzione con un gruppetto di berlusconiani, contandone almeno venti al Senato pronti a staccarsi all’occorrenza. Un mese fa c’era innanzitutto da tenere assieme una maggioranza per la nascita di un governo. Oggi un governo c’è, ma il timore di una frana a Palazzo Madama, dove i senatori di Renzi possono far traballare la maggioranza, è lo stesso di un mese fa. Ecco perché Conte e i 5 Stelle hanno rimesso mano alla rubrica per preparare le contromosse, casomai l’ex rottamatore smentisse per l’ennesima volta i suoi pacifici propositi. Fonti del Movimento confermano un contatto tra il presidente del Consiglio e Letta, il più prudente tra i consiglieri di Berlusconi, convinto da sempre della necessità di partecipare all’asse istituzionale che è stato infilato tra le ruote di Salvini. Letta osserva il disfacimento e la faida biblica di Fi, abbastanza disincantato da comprendere che di quello che resta oggi in Parlamento potrebbe domani non esserci più nulla. E allora è questo che pensa e ha detto ai capi forzisti che si contendono la leadership, anche alla presenza del patriarca di Arcore: «Non possiamo fidarci solo di Renzi». La conclusione fa parte delle rassicurazioni spedite al premier terrorizzato dai veti dell’ex Pd. Non ci sarà, almeno a breve, uno smottamento degli eletti di Fi verso il suo nuovo contenitore. Piuttosto nascerebbero gruppi autonomi, gli eterni «responsabili» che, in estrema emergenza, potrebbero addirittura sostituirsi agli uomini di Renzi. In cambio potrebbero ottenere persino qualche presidenza di commissione, da strappare di mano ai leghisti. Un pugno di loro, come Andrea Causin, ex Scelta civica, è stato anche sondato dall’ex premier che ancora spera di imbarcarli. Causin però è anche in costante contatto con i grillini. Allo stesso modo alla Camera, Conte può contare sull’amicizia del forzista Maurizio D’Ettore, collega di Università. Fa un certo effetto vedere i 5 Stelle addentrarsi nelle logiche della politica pura, fatta di tatticismi e compromessi. Ma un anno di governo assieme a Salvini sembra averli forgiati. In prospettiva ai grillini non dispiace il Pd «derenzizzato», soprattutto se l’alleanza dovesse fare un salto di qualità tramite le piattaforme civiche alle Regionali. Tra Conte e Di Maio i rapporti restano tesi ma è il premier ormai a guidare le speranze del M5S nel palazzo. Durante le riunioni con i 5 Stelle il capo del governo usa il «noi» per scacciare i sospetti di aderire di più allo spirito del Pd che a quello del Movimento. Il fattore Renzi era tenuto in considerazione e pochi giorni fa Conte ribadiva di attendersi prima o poi la scissione. Ma non pensava così presto e nel giorno del giuramento dei sottosegretari. «Poteva farla prima, almeno non avrebbe influenzato la formazione del governo e io ne avrei valutato la percorribilità». Ma più esplicito di lui è Beppe Grillo: Renzi ha visto che al momento «c’è una sola onda e due surfisti: Conte e Salvini» e ha fatto una «minchiata di impulso». Il rischio – conclude il comico – è di «svegliarci tutti in una Pontida d’Italia».