Iuri Moscardi

Una startup innovativa deve esserlo già nel nome», spiegano Edoardo Montenegro e Pierluigi Vaccaneo. Loro hanno scelto Betwyll, neologismo che unisce to be a twyll (twill significa tessuto) traducibile in «partecipa anche tu al testo» (textus è participio passato del verbo latino texere, tessere). Fondata nel 2016, con sede a Torino, Betwyll nasce da una serie di esperimenti su Twitter che si sono trasformati in un progetto culturale e di impresa, basato sul social reading. Betwyll, come spiega Vaccaneo, nasce da quella rivoluzione digitale spesso accusata solamente di «ridurre il livello di attenzione e la capacità di comprensione dei contenuti, sviluppando individualismo a scapito della collaborazione». Paradossalmente, si legge molto di più ma peggio: «Soprattutto i giovani, che soffrono la mancanza di un’educazione digitale adatta a questo nuovo modello culturale, subiscono così tanti messaggi che non riescono più a distinguerli», aggiunge; col risultato che «ciò che si legge non contribuisce alla costruzione della nostra memoria e identità». Betwyll sfrutta invece gli aspetti positivi di questa rivoluzione, come il social reading e l’interazione, per abbattere la superficialità: «È il gioco che fa tornare l’apprendimento divertente, il digitale che arricchisce l’analogico e accompagna l’individuo all’appuntamento con se stesso attraverso la lettura», conclude Vaccaneo. Basata su Twitter, Betwyll è uno strumento di innovazione nel campo umanistico. Con la app (download gratis da Apple e Google per dispositivi mobili) si sperimenta una lettura partecipativa: l’utente sceglie dallo scaffale uno dei progetti, ognuno dedicato a un testo pubblicato sulla app e diviso in paragrafi o altre sezioni da commentare giorno dopo giorno insieme agli altri utenti, seguendo un calendario. Per esempio, 5 canti dell’Inferno dantesco sono stati letti e commentati ognuno in un giorno, durante il quale ai partecipanti – tra cui gli alunni di una scuola superiore di Monza – bastava toccare sullo schermo dello smartphone o del tablet la terzina che stavano leggendo per inserire i propri twylls di commento. Questi sono la sfida più grande perché non possono superare i 140 caratteri; ma, purché riferiti al testo, possono essere di qualsiasi tipo: riassunti e parafrasi, ma anche riscritture creative in altre lingue, in prima persona o citando testi, film o canzoni, che una volta pubblicati sulla app vengono commentati da altri utenti. Betwyll stimola la lettura, che ritorna il processo collettivo che era fino al XIX secolo, sfruttando un social network che la rende accessibile anche a chi non legge molto. Inoltre, Betwyll è molto versatile: si possono pubblicare romanzi, poesie, saggi (come la Costituzione italiana o il Manifesto di Ventotene) in qualsiasi lingua (finora italiano, inglese, svedese e gallese). Anche per questo Betwyll è stata scelta come strumento didattico per imparare l’italiano in alcune università straniere: Gent in Belgio; Harvard, Indiana e Cuny in Usa; Toronto in Canada. Per il futuro della app, Montenegro e Vaccaneo – con i cofounder Paolo Costa e Corrado Pizzi – puntano sull’EdTech: Betwyll combina educazione e tecnologia, anche costruendo progetti educativi a pagamento con le scuole, classi virtuali per gli studenti personalizzate a seconda degli obiettivi del docente. Importanti sviluppi in tale direzione vengono dalla Finlandia. Betwyll è stata la prima e unica startup italiana ospite di xEdu, il principale acceleratore EdTech in Europa: dopo una incubazione di tre mesi da marzo a giugno, ora la app ha ricevuto il Finnish Quality Certificate di Education Alliance Finland, il principale ente certificatore di soluzioni EdTech al mondo. Come spiega Montenegro, il certificato valuta l’impianto pedagogico in base ai principi della psicologia educativa e segue «la redefinizione di Betwyll e del suo modello pedagogico fatta con le scuole della città finlandese di Espoo, un benchmark internazionale per l’innovazione didattica. Puntiamo a quei Paesi che pongono l’educazione al centro della loro politica economica: è difficile ma lo facciamo con orgoglio, sapendo di rappresentare gli insegnanti che collaborano da tempo con noi e che cercano con il loro lavoro di fare dell’Italia un Paese migliore», dichiara. Pierluigi Vaccaneo racconta invece i risultati del progetto realizzato con l’editore scolastico Pearson Italia: «Abbiamo sperimentato le potenzialità delle nuove tecnologie e del social networking per favorire un nuovo approccio alla lettura, che ritorna profonda e condivisa: l’individuo si apre ai contenuti, che formano quel sostrato culturale e di memorie alla base dell’identità di ognuno”. Dedicato a studenti e docenti della scuola secondaria di secondo grado, che hanno letto e commentato sei delle Novelle per un anno di Luigi Pirandello, al progetto hanno partecipato più di 200 classi da oltre 130 scuole di 16 regioni italiane, per un totale di 10.381 twylls da 893 accounts. I docenti, introdotti alla metodologia con appositi webinar (seminari svolti in videochat), e gli studenti hanno interagito tra loro e con account, creati da Betwyll, che erano la versione social di Pirandello e altri personaggi. Betwyll è insomma ben avviata sulla strada dell’innovazione in ambito umanistico e didattico: una strada da costruire giorno dopo giorno, come documenta il sito della startup (betwyll.com).