Jacopo Jacoboni

T rail governo dell’avvocato di se stesso, e la piazza dove rivendicano il voto democratico ma fanno il saluto romano, esiste nonostante tutto una Terza Italia. Quelli che non si piegano all’agiografia di “Conte statista”. Quelli che avrebbero ritenuto necessario votare, sia pure senza farsi dettare i tempi da Salvini. «C’è qualche milione di persone, democratiche, di sinistra, che non va neanche più a votare», spiega Ignazio Marino, in una pausa in ospedale a Filadelfia. «E con questa operazione andrà sempre peggio. Aumenta la disaffezione, lo scollamento». Secondo l’ex sindaco di Roma, «ci sarebbe lo spazio per fare qualcos’altro: se tu riuscissi a ripartire con qualcosa di nuovo, con al centro le esigenze sociali. Ma non puoi farlo con chi ha votato i decreti sicurezza e difeso Salvini fino all’ultimo». L’avvocato del popolo, ricorda Marino, «solo pochi mesi fa scrisse una memoria di quattro pagine per difendere in toto Salvini nella vicenda Diciotti». Non è, quello Pd-M5S, il nuovo grande compromesso storico, «nel ’78 ci fu una potente elaborazione culturale, si produssero leggi come la 194, la 180, la cosiddetta legge Basaglia, che tra l’altro fu scritta da un deputato del pci, ma fatta firmare a un democristiano, o la 833, sul servizio sanitario nazionale. Si lavorava a un progetto alto, non a questa cosetta qui». L’alleanza Pd-M5S «può essere proposta solo allo zoccolo duro del Pd, ma perderanno voti: tutti i liberi pensatori e le persone dotate di spirito critico». Paradossale è che «proprio quelli che rivendicano la democrazia e il Parlamento infilano il sesto presidente del Consiglio che non si è presentato alle elezioni, e dunque è privo di consenso». Il che ovviamente non significa illegittimo. Una minoranza di persone, sia pure di rilievo, da Carlo De Benedetti a Nadia Urbinati, da Lucia Annunziata a Carlo Calenda e Emma Bonino (ieri bravissima sul «Pd diversamente populista»), o nel Pd Matteo Richetti, con tutte le diversità hanno sollevato dubbi e tenuto accesa una critica a questa modesta operazione, per la quale Gianni Cuperlo alla Festa dell’Unità aveva nientemeno evocato altri tornanti italiani come la stagione Berlinguer-Moro. È illuminante qui ascoltare Arturo Parisi, che fondò qualcosa di un po’ più serio del Conte2, ossia l’Ulivo: «Il nodo della continuità è quello che dice più di tutti della novità della fase che si sarebbe aperta. Almeno su questo i due partner avrebbero dovuto ritrovarsi. Come si può fondare una qualsiasi unione se uno dei due la pretende in continuità con la precedente e l’altro la racconta come una novità di rilievo? Passi una tregua con le armi al piede contro un avversario rivelatosi all’improvviso un nemico comune. Ma addirittura un accordo a tempo indeterminato che in troppi vorrebbero legittimare celebrando su due piedi nientedimeno che un matrimonio?». Si sta spalancando un abisso di sfiducia popolare, che alimenterà ancora di più nazionalismo e populismo: «Come è possibile in poche ore un rovesciamento di alleanze di questa portata senza che questo alimenti tra i cittadini sentimenti di cinismo e opportunismo destinati a lasciare traccia aggravare ulteriormente l’idea che loro hanno già della politica e della democrazia? Dà da pensare più la velocità con la quale i cittadini si sono adeguati che le residue resistenze al riguardo. Come dimenticare che se Salvini non avesse lui e lui da solo aperto la crisi Conte sarebbe ancora il suo Presidente e Di Maio il suo collega junior? Solo una negoziazione rigorosa e armata di una alternativa avrebbe potuto difenderci da questo esito». Non è una questione di banale trasformismo di Conte: «Il cambiamento nella guida del governo doveva essere una pre-condizione. Invece siamo qua a cantare un Conte2 come se quello di prima fosse stato un Conte Zero. O, in alternativa, a celebrare un 5S bis fondato sulla centralità postideologica dei grillini aperta quindi ad alleanze reversibili». Mancano un po’ i quarantenni, al solito bramosi di carriere? Certo colpiscono le idee magistrali di Emanuele Macaluso, 95 anni: «L’avvocato Conte, dopo 14 mesi da “sottopresidente” del Consiglio al servizio di Di Maio, ha detto che lui non ha nulla a che vedere con il M5S ed è invece super partes. Prendiamola per buona questa intenzione, di voler cioè interpretare un nuovo ruolo adesso con il Pd. Ma come mai il protagonista del Grande Fratello, Rocco Casalino, che la Casaleggio ha incaricato di fare il guardiano e portavoce di Conte (che ha partecipato anche a colloqui riservati di governo) si trova ancora a palazzo Chigi e segue l’avvocato sempre in guisa di guardiano della Casaleggio? Misteri del 2019».