La discussione all’Assemblea Costituente

Roma, 18 settembre 1946 Il presidente Terracini [Umberto Terracini, Pci] ricorda che la sottocommissione deve determinare il numero dei componenti della prima Camera. Secondo il progetto dell’onorevole Conti, dovrebbe essere eletto un deputato ogni 150.000 abitanti. La nuova Camera dei deputati, quindi, calcolata la popolazione del paese in 45.000.000 di abitanti, verrebbe a essere composta da circa 300 membri. Ma si è accennato all’opportunità di elevare il numero a 400 o 450. Cappi [Giuseppe Cappi, Dc] ricorda di aver proposto: un deputato ogni 100.000 abitanti. Ne risulterebbe una Camera di 420-450 membri. Fuschini[Giuseppe Fuschini, Dc] crede che sia opportuno andare cauti nello stabilire la proporzione fra abitanti ed eletti. Non è sufficiente tener conto soltanto della popolazione: la questione va risolta, a suo parere, anche in rapporto al modo di formazione della seconda Camera e al numero dei suoi componenti. Infatti, Camera e Senato saranno chiamati a riunirsi non solo in occasione della nomina del presidente della Repubblica, ma anche in determinate speciali situazioni; è quindi il rapporto tra il numero dei componenti dell’una e di quelli dell’altra che bisogna tener presente, per evitare la possibilità che sia il Senato a determinare l’indirizzo politico del paese. Se, ad esempio, nella prima Camera dovessero assottigliarsi a un dato momento le correnti di destra, queste nell’Assemblea Nazionale potrebbero unirsi con la maggioranza della Camera alta, che per sua natura ha sempre una tendenza prevalentemente conservatrice, ponendo la Camera dei deputati in gravi condizioni di inferiorità. […] La Rocca [Vincenzo La Rocca, Pci] crede necessario fissare nella nuova Costituzione il numero dei deputati, mentre la definizione dei dettagli potrà essere rinviata alla legge elettorale. […] La tradizione, anche se a volte è una vis inertiae, non sempre dev’essere trascurata. Il popolo italiano è avvezzo ad avere 500 e più deputati. Inoltre non è opportuno, in regime democratico, diminuire questo numero, perché a tutti deve esser dato il modo di far sentire la loro voce. Restringendo il numero dei deputati, si potrebbe far sorgere il sospetto di essere animati dal proposito di soffocare la volontà delle minoranze. In ogni modo, non crede che sia opportuno fissare la proporzione fra numero di abitanti e numero di deputati: sarebbe meglio stabilire soltanto che la Camera bassa debba essere costituita da un numero di membri non minore di 500. Conti [Giovanni Conti, Pri], relatore, dichiara che gli oppositori alla restrizione del numero dei deputati partono da un criterio non democratico, perché capovolgono la concezione del nuovo stato che sarà organizzato con il criterio non tanto della rappresentanza al centro, quanto della rappresentanza alla periferia. Con la nuova organizzazione statale, la risoluzione di molti problemi sarà affidata alle regioni. Se non si tiene presente questo punto di vista, si torna al concetto dello stato accentrato, affidando nuovamente tutte le mansioni dello stato al governo, alla Camera e al Senato. guardo al numero dei componenti la prima Camera, ritiene che tanto meglio sarà quanto più esso sarà ridotto: l’affollamento non costituisce alcun vantaggio. […] Non è favorevole alla proposta dell’onorevole Cappi e tanto meno al concetto espresso dall’onorevole La Rocca che non si debba abbandonare l’abitudine del popolo italiano ad avere 500 e più deputati. Il popolo italiano disgraziatamente ha una sola abitudine circa il Parlamento: parlarne male; e con la nuova Costituzione occorrerà elevare il prestigio del Parlamento, al che si giunge per una via soltanto: diminuire il numero dei componenti alla futura Camera. […] Nobile [Umberto Nobile, indipendente nelle liste Pci] aggiunge che da un primo calcolo di quello che sarebbe il numero dei parlamentari italiani, secondo le proposte fatte, è venuto alla conclusione che si avrebbero 400-420 deputati circa, 300 senatori e, in ciascuna delle forse 15 Assemblee regionali, un minimo di cento: cioè, più di duemila parlamentari. Conti, relatore, avverte che, secondo calcoli approssimativi, si arriverebbe invece a circa seimila parlamentari. Nobile dichiara che l’interruzione dell’onorevole Conti, dalla quale risulta che le sue previsioni sono state superate, lo convince ancora di più nella sua opinione. Per le indennità a un così gran numero di parlamentari e per le spese di funzionamento dei relativi organi dovrebbero essere impiegate somme ingenti: forse più di due miliardi, che costituirebbero un peso eccessivo per lo stato, specie nelle attuali condizioni. Perassi [Tomaso Perassi, Pri] è pienamente d’accordo con l’onorevole Conti. Ha l’impressione che nelle riunioni precedenti sia largamente prevalso il concetto di ridurre il numero dei Deputati, rispetto a quello passato, per diverse considerazioni, e innanzi tutto perché si passerà da uno Stato accentrato ad uno decentrato, con tutte le conseguenze che ne derivano, fra le quali di assai notevole importanza quella per cui gli affari locali non saranno più di competenza del centro. Con ciò il campo di attività di ogni Deputato non sarà più così esteso come nel passato; onde l’opportunità di ridurre il numero dei membri della prima Camera. Anche altre considerazioni consigliano di giungere alla riduzione, fra cui quella di carattere economico accennata dall’onorevole Nobile, che pure la sua importanza. All’opinione pubblica farebbe assai buona impressione una riduzione degli organi dello Stato, anche in riferimento alla situazione finanziaria del paese. Einaudi[Luigi Einaudi, Unione democratica nazionale] è d’accordo con l’onorevole Conti sulla opportunità di ridurre il numero dei membri, sia della prima Camera che della seconda, anche per ragioni, che crede evidenti, di tecnica legislativa. Difatti, quanto più è grande il numero dei componenti un’Assemblea, tanto più essa diventa incapace ad attendere all’opera legislativa che le è demandata. A proposito poi del necessario rapporto fra il numero dei componenti le due Camere, osserva che non dipende dal maggior numero dei membri la maggiore autorità di un consesso rispetto all’altro. Se si volesse conferire uguali poteri alla Camera e al Senato, si potrebbe farlo anche con un numero di componenti diverso. Ricorda l’esempio del Senato francese in cui il numero dei membri era inferiore a quello della Camera, pure avendo i due organi eguale potestà legislativa, e quello del Senato americano che è composto di solo 96 persone contro le 400 circa della Camera dei rappresentanti; ciononostante il Senato americano ha poteri legislativi e politici di gran lunga superiori a quelli della Camera. Quanto al costo per il funzionamento del nuovo sistema rappresentativo, fa osservare che, anche se esso dovesse aggirarsi intorno ai due miliardi, non sarebbe così eccessivo come sulle prime può sembrare. Basti considerare a tale proposito che la spesa relativa dev’essere messa in rapporto al bilancio dell’esercizio in corso che, purtroppo, si aggira, secondo le previsioni, sui 500 miliardi e con ogni probabilità supererà i 600. Né è dato sperare che tale cifra possa essere suscettibile di notevoli riduzioni degli esercizi successivi. Fabbri [Gustavo Fabbri, gruppo misto] non crede che sia giusto, agli effetti della determinazione del numero dei componenti la prima Camera, basarsi su una probabile limitazione delle sue attività in vista della futura costituzione dell’Ente Regione. Difatti, ammesso pure che la Camera dei Deputati risulti straordinariamente alleggerita nel suo lavoro legislativo, ciò non potrà avere che una sola ripercussione, di carattere economico: si spenderà di meno per la diminuita attività dell’Assemblea e per la probabile riduzione della indennità parlamentare. In altri termini, il fatto che i deputati saranno chiamati a riunirsi soltanto nelle grandi occasioni e per questioni di massima importanza non è, o per lo meno non dovrebbe essere, causa di una riduzione del numero dei componenti la prima Camera. Anzi, le stesse grandi questioni che essi sono chiamati a risolvere rendono più che mai indispensabile una rappresentanza assai larga di tutte le correnti politiche del Paese, anche di quelle costituite dai partiti di minoranza, se veramente si vuole un regime democratico. Ciò posto, è necessario fissare nella Costituzione il numero dei deputati e anticipare fin da ora il parere della Sottocommissione sul numero dei componenti il Senato. […] Il presidente Terracini rileva che la questione in esame è più importante di quanto forse non sembri e che non si tratta già di mettersi d’accordo su un numero preciso, bensì su una questione di principio. […] Il numero dei componenti un’assemblea deve essere in certo senso proporzionato all’impor – tanza che ha una nazione, sia dal punto di vista demografico, che da un punto di vista internazionale. Non è, come ha accennato l’onorevole La Rocca, che si vorrebbe conservare l’attuale numero dei deputati per rispetto a una tradizione, ma perché la diminuzione del numero dei componenti la prima Camera repubblicana sarebbe in Italia interpretata come un atteggiamento antidemocratico, visto che, in effetti, quando si vuole diminuire l’importanza di un organo rappresentativo s’incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni. Quindi, se nella Costituzione si stabilisse l’elezione di un deputato ogni 150 mila abitanti, ogni cittadino considererebbe questo atto di chirurgia come una manifestazione di sfiducia nell’ordinamento parlamentare. Quanto all’osservazione fatta dall’onorevole Nobile circa l’alto costo di un’assemblea parlamentare numerosa, rileva che, se una nazione spende un miliardo in più per avere buone leggi, non si può dire che la spesa sia eccessiva, specie se le leggi saranno veramente buone ed anche se si consideri l’ammontare complessivo del bilancio in corso. Personalmente, quindi, ritiene che il problema in questione non si sarebbe nemmeno dovuto porre: non tanto quello concernente la determinazione del numero dei componenti l’assemblea nella Costituzione, quanto quello della diminuzione di tale numero. Si sarebbe dovuto accettare ciò che poteva essere suggerito dall’attuale vita politica del paese, vale a dire che esso assai opportunamente ha sentito la necessità di adeguare nelle ultime elezioni il numero dei suoi rappresentanti alla aumentata massa della popolazione. Per queste considerazioni un’eventuale diminuzione del numero dei componenti la prima Camera costituirebbe a suo avviso un grave errore politico. Ritiene che la Sottocommissione dovrebbe deliberare su tre punti: 1°) se si debba fissare il numero dei deputati nella Costituzione; 2°) in qual modo – e ciò evidentemente costituisce una subordinata della prima questione – si debba fissare tale numero; se in cifra assoluta o in rapporto a un dato numero di abitanti; 3°) nel caso di approvazione del secondo criterio di cui al secondo punto, quale dovrà essere la proporzione fra il numero dei Deputati e quello degli abitanti. [Per i primi due punti, è approvato che sia fissato nella Costituzione il numero dei deputati ed è approvato che sia fissato in rapporto alla popolazione]. Bulloni [Pietro Bulloni, Dc] propone il seguente ordine del giorno: “La seconda Sottocommissione, a chiusura della discussione circa la composizione della Camera dei deputati, ritenuto che il numero dei componenti della detta Camera quale elemento essenziale alla sua costituzione, deve essere stabilito in sede costituzionale; ritenuta la necessità che la Camera stessa risponda alla suprema esigenza della funzione legislativa attraverso una rigorosa selezione, al fine di assicurare al deputato prestigio e indipendenza; ritenuta la necessità che la Camera dei deputati risulti sempre più aderente alla diretta espressione della volontà popolare; ritenuta necessaria la forma elettiva della seconda Camera, propone che la composizione della Camera dei deputati sia costituita in ragione di un Deputato ogni 100 mila abitanti”. Targetti [Ferdinando Targetti, Psi] propone di abbassare la cifra da 100 mila a 80 mila. Il presidente Terracini indice la votazione per appello nominale sulle due proposte, l’una dell’onorevole Targetti, l’altra dell’onorevole Bulloni, relative rispettivamente all’elezione di un deputato per ogni 80 mila e per ogni 100 mila abitanti. Votano a favore della proposta Targetti per gli 80 mila abitanti i deputati: Bocconi, Di Giovanni, Fabbri, Lami Starnuti, La Rocca, Ravagnan, Targetti, Terracini. Votano a favore della proposta Bulloni per i 100 mila abitanti i deputati: Ambrosini, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Einaudi, Fuschini, Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati, Perassi, Tosato, Uberti, Vanoni, Zuccarini. Si astiene dalla votazione il deputato Nobile. Il presidente Terracini comunica che la proposta di eleggere un deputato per ogni 100 mila abitanti ha riportato 18 voti favorevoli contro 8, favorevoli all’altra proposta, e un astenuto. Roma, 27 gennaio 1947 Il presidente [della commissione] Ruini [Meuccio Ruini, Unione democratica nazionale] avverte che è da prendere in esame l’articolo relativo alla elezione della Camera dei deputati. Nel testo del Comitato di redazione esso è così formulato: “La Camera dei deputati è eletta a suffragio diretto ed universale in ragione di un deputato per centomila o frazione superiore a cinquantamila abitanti”. Fuschini ha proposto invece una modificazione tendente all’ampliamento del numero dei deputati, portando la cifra degli abitanti da centomila a ottantamila. Fuschini rileva che la diminuzione del numero dei membri della Camera dei deputati si risolve, in ultima istanza, in una diminuzione della sua autorità. In base alla cifra di centomila abitanti, come si propone nel progetto, si avrebbe una Camera di 420 a 430 deputati. La diminuzione sarebbe, a suo parere, eccessiva. La Costituente ha avuto 556 deputati: ma anche le Camere normali non sono state mai inferiori ai 500 deputati e si arrivò a 535, numero massimo cui si è pervenuti in periodo normale. Propone, quindi, di portare ad 80.000 il numero degli abitanti per ogni deputato, così da avere all’incirca una rappresentanza popolare di 500 deputati. […] Il presidente Ruini pone ai voti la proposta Fuschini di sostituire alla cifra di 100.000 l’altra di 80.000. La commissione approva.