Lina Palmerini

Primo cortocircuito tra Pd e 5 Stelle nonostante la necessità ad auto-rappresentarsi come una coalizione meno litigiosa di quella passata del governo giallo-verde. È successo che ieri in un incontro tra Bonafede e Orlando si è discusso uno dei temi più spinosi per i due neo-alleati di Governo, la riforma della giustizia, e in molti si attendevano una maggiore cautela per le distanze che sono – e a quanto pare restano pure – piuttosto importanti. I punti di frizione sono due: la prescrizione – che i grillini vogliono sospendere dopo il primo grado – e il metodo del sorteggio per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Invece, al termine dell’incontro sembrava che anche su questo fronte – come su quello del taglio dei parlamentari – il Pd avesse ceduto al Movimento quando si è sentito dire dal ministro grillino che l’accordo era stato raggiunto e che i testi sarebbero rimasti identici, sulla prescrizione come sulla riforma del Csm. In pratica, una vittoria per il titolare della Giustizia e per il Movimento. È qui che è scattato il cortocircuito con una reazione del Pd piuttosto netta in cui sono state smentite/corrette le parole di Bonafede ed è stata data la versione del Pd: nella riunione ci si è dati un tempo per trovare una formula che metta insieme tempi brevi e blocco della prescrizione e la riforma è stata spacchettata in due testi distinti. È stato il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis a mettere in chiaro come ci sia ancora una dialettica tra i due partiti e non una resa alle posizioni grilline. Quello che è successo è che è stato toccato un nervo scoperto del Pd, cioè l’essersi ritrovati spiazzati da un messaggio comunicativo che li faceva apparire appiattiti sulle posizioni dei 5 Stelle. Far passare in silenzio le dichiarazioni di Bonafede sarebbe stato come accettare un “uno-due” per il Pd a pochi giorni di distanza. Prima il cedimento sul taglio dei parlamentari poi quello sulla giustizia con il rischio di cominciare l’avventura al Governo in sostanziale posizione di svantaggio. Dunque, una piccola “guerra” comincia a vedersi tra i due partiti scatenata dal fatto che nessuno dei due vuole apparire come subalterno all’altro. Ecco perché, nonostante gli sforzi congiunti a non esasperare le divisioni, nel partito di Zingaretti si è voluto dare un colpo di freno e correggere la propaganda grillina. Tra l’altro un passo indietro del Pd vorrebbe dire “appaltare” un tema fondamentale come quello della giustizia ai 5 Stelle e rinunciare a cercare compromessi con l’alleato. Mediazioni che sono spinte e agevolate anche dal fatto che in Parlamento i pentastellati non troverebbero i numeri per far passare le loro ricette. Con la Lega, per esempio, un punto di rottura era proprio sulla riforma dei processi mentre Renzi ha già fatto sapere che dirà la sua. Insomma, se il messaggio di ieri voleva essere quello di una rivoluzione sui tempi della giustizia, risulta già un po’ ammaccato visto che trovare un accordo appare ancora laborioso. Intanto il prossimo incontro sarà allargato al premier Conte e sarà lui a dover esercitare un ruolo di mediazione per colmare una distanza che resta.