Lorenzo Cresci

Non è un problema di questo o del governo precedente. È chiara la consapevolezza che la salute del comparto agroalimentare non è nelle vene, nel dna di chi ci amministra, ci sono processi che proprio non appartengono loro». È una vigilia ad alta tensione per i produttori del Consorzio del Parmigiano reggiano, e il presidente Nicola Bertinelli se ne fa interprete, nello stand del Villaggio Coldiretti, a Bologna, che sforna a ciclo continuo tortellini mantecati al parmigiano, per la gioia di italiani e non. La vigilia della decisione del Wto che potrebbe confermare l’incubo dazi sui prodotti della filiera agroalimentare italiana, parmigiano reggiano in testa. Presidente, come state vivendo queste ore? «Male, molto male. Abbiamo fatto di tutto per evitare una situazione paradossale, che dalla vicenda Airbus arriva ai nostri prodotti. Rischiamo il cappotto continuando a porci una domanda: qual è la colpa dell’agroalimentare in una tematicaaerospaziale?». Avete fatto di tutto, dice. Ovvero? «Io sono andato personalmente a Washington a parlare con l’ambasciatore italiano, a Roma abbiamo cercatodifarcapirela situazione all’ambasciatore americano.Sono tentativi». La politica? «Non voglio polemizzare, ma i governi non ce l’hanno nelle vene questa sensibilità». Si spieghi meglio. «Non capiscono che una dop, oggi, non è più una commodity, ma è remunerizzazione di un prodotto che si differenzia. L’enogastronomia è un traino, oggi un turista su due si muove andando a visitare zone dove sa di poter mangiare prodotti di qualità. Ecco che cosa deve fare la politica: deve difendere questa possibilità di sviluppo per il futuro. Dovrebbe fare il diavolo a quattro come stiamo facendo noi». Quindi? «Non ci resta che urlare che siamo di fronte a una ingiustiziaimperiale». Ci fa capire che cosa potrebbe accadere oggi? «Trump può applicare dazi che aumentano del cento per cento il costo di un prodotto. Le faccio un esempio: oggi il dazio applicato dagli Stati Uniti sul Parmigiano reggiano è di 2,5 dollari al chilo, potrebbe salire a 20. Il che significa che sugli scaffali il costo salirebbe dagli attuali 40 a 60 dollari al chilo». Diventerebbe un prodotto esclusivo, di nicchia… «Certo, con un prezzo inavvicinabile. Secondo le nostre stime il mercato americano potrebbe crollare dell’80-90 per cento. Dalle 10mila tonnellate di oggi, chearrivanonegliStati Uniti, si potrebbe scendere a una, duemila. Un danno incredibile per noi, i nostri 335 produttori ma anche per i 2.620 allevatori da cui prendiamo il latte a 80 centesimiallitro,quandoinBaviera,peresempio,ne prendono venti… Ma c’è di più: non è possibile ricollocare suimercatiimilionidichilogrammi in più di produzione. La conseguenza, quindi, è il crollo del prezzo, per noi, per il Grana padano, per i produttori di pecorino, ma anche per la filiera dellatte.Eccoleconseguenzedei dazi:faranno precipitarei prezzi».