Luca Veronese

Ha stretto più mai in queste ultime settimane di campagna elettorale che in tutta la sua vita politica, Jarosław Kaczynski, il grande regista della politica in Polonia, il capo della destra sovranista ed euroscettica che sceglie i governi e i presidenti della Repubblica a Varsavia. Ama stare nell’ombra, ma stavolta è dovuto uscire allo scoperto e darsi da fare soprattutto nelle aree rurali, come ieri nella piazza di Plock e come tre giorni fa mentre mangiava salsicce alla sagra di Stalowa Wola. Ieri sera ha monopolizzato i telegiornali della tv pubblica. Kaczynski deve difendere il potere riconquistato a Varsavia quattro anni fa da Diritto e Giustizia il partito creato a sua immagine e somiglianza: tradizionalista, ultracattolico, nazionalista, ma anche capace di ascoltare i bisogni dei cittadini, scaltro abbastanza da mediare tra gli interessi delle imprese straniere che investono nel Paese e quelli delle famiglie polacche. «La vittoria della destra nelle elezioni di domani non è in discussione. Ma le percentuali di voto e la maggioranza che si formerà in Parlamento – dice Jacek Kucharczyk, presidente dell’Institute of Public Affairs, think tank di Varsavia – determineranno cosa sarà della Polonia, della sua società e dell’economia». Secondo gli ultimi sondaggi Diritto e Giustizia otterrà almeno il 40-45% dei consensi. Mentre Coalizione civica, il principale schieramento dell’opposizione che ha messo assieme i centristi di Piattaforma civica e i Verdi, è indicata intorno al 25-30 per cento. A costringere Kaczynski a scendere nelle piazze dei suoi feudi, sono stati il 10% di elettori che si dicono ancora indecisi e la possibilità che la partecipazione alle urne superi il 51% del 2015, a tutto favore delle opposizioni. Ci sono inoltre due partiti – Lewica a sinistra e Coalizione polacca al centro – che potrebbero riuscire a superare lo sbarramento del 5% e contribuire a creare un’alternativa di governo, almeno sulla carta, assieme a Coalizione civica. La Confederazione di estrema destra potrebbe invece sottrarre voti a Diritto e Giustizia. Kaczynski chiede agli elettori un mandato forte per completare la rivoluzione della Polonia. La crescita tumultuosa dell’economia ne rafforza il messaggio e gli permette di sbilanciarsi con le promesse. L’espansione della Polonia, unico Paese europeo a non essere piombato in recessione durante la grande crisi internazionale, è proseguita dal 2015 in poi a ritmi del 4% all’anno, fornendo le risorse necessarie al governo per sostenere il reddito delle famiglie e quindi i consumi: dagli aiuti per i figli, all’aumento delle pensioni. E tutto mantenendo in ordine il bilancio pubblico. Il tasso di disoccupazione è sceso sotto il 4% tanto che la mancanza di manodopera, qualificata e non qualificata, è diventato il problema più pressante per le imprese che operano in Polonia. «Anche quest’anno il Pil aumenterà del 4% e per il 2020, nonostante il rallentamento dell’Eurozona, prevediamo un incremento del 3,2%», dice Moritz Degler di Oxford Economics. Con questi risultati Kaczynski può azzardare un programma di legislatura che prevede di alzare il salario minimo e di rilanciare la spesa pubblica negli ospedali e nelle scuole. «Non c’è dubbio che il governo polacco ha saputo intercettare i bisogni dei cittadini cercando di dare maggiore equilibrio all’economia utilizzando risorse pubbliche»,spiega Charlotte Ruhe, managing director della Bers per l’Europa centrale. Per la destra polacca l’economia è uno strumento per realizzare il suo modello di società non liberale, basata sul cattolicesimo più retrivo, chiusa ai migranti musulmani, intollerante verso la comunità Lgbtq. In un’Europa delle patrie molto disunita. «In Occidente sono stati colpiti da una malattia e chiedono a noi di lasciarci contagiare, ma questo è davvero troppo», ha detto ieri Kaczynski mentre stringeva l’ennesima mano agli elettori.