Lucilla Incorvati
«In un’epoca dominata dalla competizione il futuro appartiene ai talenti ribelli. Sono coloro che hanno uno sguardo anticonvenzionale sulle cose e che invece di trovare appigli sicuri, sfidano apertamente lo status quo, cercando il superamento verso il nuovo. Sono maestri dell’innovazione, ampliano costantemente la loro visione del mondo, apprezzando la diversità, sono autentici per entrare in contatto con gli altri e imparare da loro». Francesca Gino, esperta di scienze comportamentali e docente alla Harvard Business School, nel suo ultimo lavoro li descrive così i talenti del nostro tempo. E su come si attraggono e si fanno crescere ma anche su come si diventa un talento ribelle ne sa qualcosa Davide Dattoli. Nel 2011 a soli 21 anni dalla sua Brescia lancia una sfida al mondo della formazione dando vita a Talent Garden, tra le principali piattaforme europee per professionalità nel digitale. «TG – racconta – nasce da un bisogno. In Italia abbiamo tantissimi talenti, ma il problema è che intorno c’è il vuoto. Mancano professionisti che abbiano già lavorato in startup digitali e che aiutino nell’apprendimento. Storicamente ci sono sempre stati dei luoghi per accogliere i talenti. Penso alle corti rinascimentali e ai caffè letterari. TG è quel luogo fisico dove incontrare persone che mettono a disposizione i loro saperi. Non lavoriamo su strumenti perché quelli di oggi domani saranno già vecchi, ma diamo ai nostri allievi la tecnica per dialogare nel mainstream». Nei 26 TG presenti in 8 Paesi lavorano e si formanomigliaia di talenti che arrivano da tutta Europa. Circa 20 giorni fa nè è stato aperto uno Madrid che ospita fino a 340 persone mentre domani sarà la volta di TG Roma Ostiense dove 300 persone potranno imparare, dialogare e fare networking. Da questi campus escono programmatori, esperti di Big data e di marketing digitale, la maggior parte dei quali (98%) a fine corsa trova lavoro, manager compresi. Talent Garden Innovation School eroga corsi, master e workshop: nel 2018 ha formato 1.800 giovani professionisti e 3.500 executive. Non solo. Poiché al nuovo alfabeto ci si deve abituare fin da subito, promuove programmi di alfabetizzazione digitale per bambini e supporta progetti di alternanza lavoro per licei e scuole professionali con modalità e tempi decisamente nuovi. «Immergersi nella digital trasformation è indispensabile per le imprese e cerchiamo di diffondere questo verbo anche ai vertici aziendali (Davide è nel CdA di Be, quotata a Piazza Affari, ndr) perché oggi il digitale è il nuovo codice di sopravvivenza – spiega – questo vuol dire far compiere alle persone una rivoluzione “culturale” per innovare la produzione e i servizi. Come l’esperto in digital transformation per il made in Italy. Sono ingegneri, architetti, laureati in economia che conoscono i processi possono entrare nei gangli delle imprese. Li prepariamo 12 settimane in aula e poi sei mesi sul campo nei distretti italiani per capire da vicino la realtà. Non sono tecnici del digitale, ma esperti che conoscono i modelli di business e possono dare una spinta notevole alle imprese». E a Milano un mese fa è arrivato TGIsola , primo campus tutto dedicato al food-tech. Davide è un ragazzo gentile ed empatico: mi offre subito il caffè al distributore nell’atrio del Sole 24Ore, prima ancora che io da padrona di casa risolva l’imbarazzo di non avere abbastanza monete. Sorride appena cerchi i suoi occhi nel dialogo a tu per tu, è spensierato e allegro come uno di tanti giovani che incontri in metropolitana. Ma quando lo ascolti basta poco per capire perché a soli 29 anni è tra i 300 innovatori in Europa, unico italiano nella lista degli «under 30» più influenti al mondo secondo «Forbes». Idee chiare e sensibilità da millennial che rivela quando parliamo dei suoi “giardini” e delle sue passioni. «I TG – aggiunge – li abbiamo concepiti per la condivisione di idee e progetti, per accogliere al meglio e far crescere i team; ecco perché consentire all’interno bottiglie di plastica era inconcepibile e siamo stati plastic free fin da subito. Per soddisfare le esigenze dei nostri millennial abbiamo anche sperimentato con Siemens un modo per personalizzare nei grandi open space la temperatura al singolo desk». Come racconta Davide, poiché da soli oggi si fa ben poco, la cosa umanamente più difficile e sulla quale ti devi mettere in gioco per avere successo è creare team di talenti: «Oggi queste persone hanno tante opportunità perché guardano al mondo e non solo all’Italia. Trattenerli è la sfida». Maglia di cotone, jeans, ovviamente sneackers e l’immancabile borsa da viaggio. Gli chiedo: È sempre pronta? «Sì, certo – racconta – parto almeno una volta alla settimana per lavoro in Europa e poi appena posso salgo su un aereo perché viaggiare è conoscenza, è arricchimento, la via per trovare ispirazione e confrontarsi con il diverso . Credo che il vero modo per imparare sia vedere le cose che accadono a milioni di chilometri di distanza. Sono appena stato in Marocco e in Namibia e ho visitato oltre 60 Paesi nel mondo: dall’Iran alla Mongolia, dal Sud America alla Cina alla California dove vado spesso per lavoro. La mia vera passione è l’Africa, un continente dove c’è tanto da fare proprio sul fronte del digitale. Mi piacerebbe aprire un TG proprio lì dove già partecipiamo con Google a un progetto per supportare i giovani imprenditori con programmi di coding». Ma è la concretezza del bresciano a fare da collante in questo giovane imprenditore perché la sua startup non sarebbe diventata quell’azienda vicina al traguardo di 20 milioni di fatturato con la prospettiva di raddoppiare i numeri nel 2019, (sempre con Mol positivo), senza quella sana ambizione che Davide mostra. Ex consulente per la Condé nast, Dattoli avvia il suo progetto grazie a un piccolo finanziamento di 30mila euro del «Giornale di Brescia» che nel 2011 mette a disposizione anche i suoi locali, appoggiando l’idea dei talenti digitali. Nel raccontare la nascita e lo sviluppo della sua creatura esprime soddisfazione, ma anche l’umiltà di chi sa che la strada da fare è ancora lunga perché in un viaggio non è il percorso che conta, ma la meta: portare in Borsa TG nel 2023 con un fatturato di 120 milioni sullo Star, il segmento di Piazza Affari per le “perle” del made in Italy e nei radar degli investitori internazionali. L’ispirazione arriva da vicino e da lontano. Da vicino perché se si è nati e cresciuti in una famiglia di ristoratori l’accoglienza e il lavoro di “brigata” la si ha nel Dna. Da lontano perché se a soli 29 anni si conoscono più di 60 Paesi il valore di un talento come Jack Ma lo si è potuto apprezzare in concreto. «Vengo da una famiglia di imprenditori: mio padre ha aperto diversi ristoranti a Brescia, mia madre organizza eventi. E proprio lavorando con loro – ricorda Davide a proposito delle sue origini – ho imparato le regole dell’ospitalità. Ma ho imparato tantissimo dai suggerimenti concreti di tanti imprenditori bresciani». Sul come andare contro lo status quo è illuminante l’insegnamento del magnate Jack Ma: in Cina si individua prima il problema e poi lo si risolve con leggi appropriate; in Europa prima si parte della leggi che si hanno già e poi si risolvono i problemi, ma i tempi sono maledettamente più lunghi. «Continuiamo a formare persone per professioni che non ci sono più o sono sature – aggiunge Davide – sottoponendo i giovani a lungo percorso scolastico, spesso teorico e lontano dall’ambiente che li accoglierà. Ma il mondo va in un’altra direzione: i percorsi devono essere più brevi in un contesto di formazione continua». Da imprenditore il salto, quello vero, lo compie tre anni fa con un aumento di capitale da 12 milioni. Si è trattato del più grande round italiano del 2016, siglato con 500 Startups, grande incubatore californiano. In questo aumento di capitale intervengono sotto la regia di Tamburi Investment Partners (merchant bank indipendente già azionista al 25% a Digital Magic), molti family office italiani, fra cui quelli delle famiglie Angelini e Dompé, i fondatori di Volagratis, MutuiOnLine, Alkemy ed Esprinet e grandi investitori internazionali come Endeavour Catalyst, fondo americano sostenuto dal fondatore di LinkedIn Reid Hoffman. E poi è arrivato un altro finanziamento di 44 milioni ancora da Tip, Social Capital, Indaco Ventures e family office europei. Se in Silicon Valley esistono i venture capital in Italia esistono le famiglie di imprenditori che con i loro bracci finanziari vedono lungo su dove può nascere un’impresa di successo e ci investono. Proprio Tip ha investito oltre 3 miliardi in imprese italiane eccellenti. «Questo sistema di famiglie ti è vicino non solo a livello economico, ma anche personale, aprendoti al loro network internazionale – aggiunge Davide – e questo vale molto di più di un aiuto economico. Giovanni Tamburi ci ha preso per mano quando eravamo piccoli con meno di 3 milioni di fatturato e ci sta guidando verso l’Ipo a Piazza Affari. È al nostro fianco condividendo rischio e sviluppo d’impresa». In realtà, questo fenomeno così italiano si sta facendo largo anche negli Stati Uniti dove di recente il più grande fondo di investimento in startup arriva proprio dai family office. Prima di salutarmi Davide mi racconta ancora del suo viaggio in giro per il mondo alla ricerca di nuove “mete” dove aprire “giardini”. Dopo la Spagna ora si prosegue nell’espansione in Europa. «Dovunque cercheremo di costruire un ambiente in cui le persone si trovino a loro agio, accogliendole nel modo migliore. Perché in un mondo in cui siamo sempre tutti connessi tramite mail, chat e altre diavolerie – conclude Davide – la vera sfida è capire come stare bene con gli altri e costruire una relazione , guardandoci negli occhi senza l’intermezzo di una Instagram story». Messaggio conclusivo da un talento ribelle: serve tornare a essere fisici e avere un pensiero creativo per realizzare sogni.