Marcello Sorgi

Più che delle divisioni interne alla maggioranza sulla manovra d’autunno, e ancor più delle libere uscite di due dei suoi maggiori alleati – Di Maio e Renzi – che parlano senza concordare nulla prima con lui, il presidente del consiglio Giuseppe Conte da ieri deve preoccuparsi dello strano caso Trump-Barr-Russiagate-Servizi italiani, su cui con un’intervista alla Stampa il leader della neonata Italia Viva lo ha sollecitato a rispondere al più presto in Parlamento, presentandosi davanti al Comitato di controllo, il Copasir, e affrettandosi a nominare un sottosegretario agli stessi servizi che li segua quotidianamente. La vicenda su cui dovrà rispondere è così complicata che, per quanto abile possa essere Conte, difficilmente riuscirà a dare risposte in grado di accontentare le legittime curiosità dei parlamentari. In breve, tra il 15 agosto e il 27 settembre di quest’anno, solo poche settimane fa, il premier autorizzò il capo del Dis, organismo di coordinamento dei Servizi segreti, Gennaro Vecchione, ad incontrare a Roma all’ambasciata Usa il ministro di giustizia americano William Barr, incaricato da Trump di far luce sul Russiagate che rischia di provocare il suo impeachment, e se possibile di dimostrare che si trattava di un complotto ai suoi danni. Ordito, nientemeno, da Renzi su ordine di Obama, e in Italia da un misterioso professore maltese, Joseph Mifsud, in realtà una spia che come mestiere di copertura insegnava all’università romana Link, fondata dall’ex-ministro dc Enzo Scotti, e dalla quale provengono alcuni ministri 5 stelle.

Mifsud,nel frattempo, è sparito. Dove, è verosimile che Barr volesse saperlo da Vecchione. Il quale, non essendo in grado di rispondergli ma non volendolo deludere, dopo averlo incontrato convocò per il 27 settembre una riunione con i capi operativi dei servizi, Luciano Carta (Aise) e Mario Parente (Aisi). Con quale esito, e perché, dal momento che formalmente un ministro americano non può dare ordini ai Servizi italiani, è ciò che Conte dovrà spiegare ai membri del Copasir. Ma appunto, del fatto che il premier sia messo in condizioni di fornire risposte chiare in Parlamento, è lecito dubitare. Basti sapere che la presenza di Mifsud in Italia, il suo ruolo di copertura alla Link, e il suo possibile coinvolgimento nel Russiagate erano stati rivelati più di un anno fa. Scotti e la Link, inizialmente, avevano negato. Poi erano saltate fuori prove inconfutabili della presenza del prof-spia. Allora sempre Scotti e la Link avevano cominciato a minimizzare, dicendo che questo Mifsud lo conoscevano solo come docente e delle sue presunte attività destabilizzatrici non erano al corrente. Difficile che a distanza di tempo, e a sparizione avvenuta dell’indiziato numero uno, si riesca a saperne di più. Sentiremo Conte, che tuttavia, per autorizzare una mossa così delicata del capo del coordinamento dei servizi, non poteva scegliere momento più sbagliato di quello in cui era a cavallo tra la crisi del suo primo e la nascita del suo secondo governo. E comunque, avrebbe dovuto trovare modo di informare il Parlamento. Così che, prima ancora di vedere se il caso, che via via sta assumendo le consuete caratteristiche del mistero all’italiana, possa essere risolto nella prossima seduta del Copasir, se ne possono valutare le conseguenze politiche. Stavolta non è un ministro qualsiasi, ma direttamente il premier, a trovarsi al centro di una vicenda assai controversa, con possibili ripercussioni internazionali. Ad averla scaricata interamente sulle sue spalle è il suo nuovo (per nascita recente di Italia viva) alleato Matteo Renzi. Il quale, almeno da un punto di vista temporale, visto che ciò che sarebbe accaduto – se poi è effettivamente accaduto – risale al 2016, qualcosa da dire, in merito, potrebbe averlo. Invece, con l’abilità e la disinvoltura che tutti gli riconoscono, è riuscito a mettere in mezzo Conte e a presentarlo come partner poco affidabile agli occhi del presidente Usa. Trump fino a qualche settimana fa lo chiamava confidenzialmente «Giuseppi»; ma adesso, visto che il Russiagate lo riguarda da vicino, magari avrà modo di ripensarci.