D al ritiro di Genval, Paolo Gentiloni coglie al balzo l’assist che arriva da Mario Draghi. «L’economia europea è ancora debole – ha twittato il commissario agli Affari economici in pectore -. La Bce fa bene a rilanciare la politica monetaria a sostegno della crescita». Ma l’esponente del Pd non si limita a ringraziare il numero uno dell’Eurotower per la mossa che aiuta l’Italia. Va oltre e sottolinea l’importanza del messaggio rivolto a quei «Paesi con maggiori spazi di bilancio» che la Bce «invita a politiche espansive». I destinatari sono Germania e Olanda in primis. E con questa uscita Gentiloni lascia intravedere quello che potrebbe diventare il suo cavallo di battaglia all’interno della prossima Commissione. Se finora le politiche di bilancio Ue erano orientate a mettere la briglia ai Paesi con alti livelli di debito e di deficit, ora da Bruxelles potrebbe arrivare un’azione più decisa anche per spronare chi avrebbe i mezzi per spendere e non lo fa. La frenata dell’economia europea, appesantita dall’immobilismo della locomotiva tedesca, richiede un’azione per ridare fiato all’intera Eurozona. Il tema del surplus di bilancio non è mai stato affrontato in maniera severa dai controllori dei conti pubblici Ue. E Gentiloni si candida a diventare il guardiano di Bruxelles su questo fronte. Un possibile cambio di passo che in prospettiva potrebbe favorire l’economia italiana e darle una spinta. Di certo il rilancio del Quantitave Easing è un’altra botta di ossigeno per il nostro Paese e per il nuovo governo giallo-rosso non poteva arrivare nel momento migliore. Il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, oggi farà il suo esordio all’Eurogruppo informale di Helsinki. Un appuntamento che ha una parola chiave all’ordine del giorno: “investimenti”, oggetto della discussione di stamattina su crescita e qualità delle finanze pubbliche. Da un lato verrà sollevata l’esigenza di aumentare il pressing sui Paesi che hanno spazi di bilancio e non li usano, in modo da spronarli a investire. Dall’altro c’è invece il tema dello scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit, in particolare quelli “green”, come suggerito anche dal report dell’European Fiscal Board. La proposta entrerà nelle discussioni per la riforma del Patto di Stabilità. Ma l’Italia vuole capire se ci sono margini già all’interno delle regole attuali. Oggi Gualtieri presenterà ai suoi colleghi la direzione di marcia in cui intende andare il governo. Al tavolo non gireranno cifre sugli obiettivi di deficit che l’esecutivo punta a strappare a Bruxelles. Per quello ci sarà spazio durante i bilaterali con Pierre Moscovici e soprattutto con Valdis Dombrovskis, ai quali il 15 ottobre sarà spedita la bozza di manovra. Certamente a Palazzo Chigi e sulla sponda grillina del governo la mossa di Draghi è considerata in linea con il Green New Deal battezzato da Giuseppe Conte nel suo discorso alla Camera. Che per realizzarsi, però, ha bisogno di un passaggio cruciale: scollegare dal computo dal deficit gli investimenti verdi. «Tutto ciò che uno Stato mette in campo per combattere i cambiamenti climatici» spiega il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Un’azione da portare avanti «attraverso una serie di regole stabilite con l’Ue». Luigi Di Maio vuole istituire un tavolo permanente con Gualtieri, Conte e Dario Franceschini (in qualità di capo delegazione Pd), attorno al quale discutere la declinazione delle misure economiche. Anche per Laura Castelli, a un passo dalla riconferma come viceministro al Tesoro, è necessario «scomputare dal deficit tutti gli investimenti utili per una riconversione verde». Se il nuovo Qe, nelle intenzioni di Draghi, serve a spingere gli investimenti favorendo l’accesso al credito, condizionandolo però allo sviluppo non finanziario ma dell’economia reale, i grillo-dem si devono far trovare pronti per sfruttare l’occasione. I primi semi della rivoluzione verde sono stati piantati nel Documento di economia e finanza e vanno tradotti nella manovra di dicembre: addizionale Ires legata all’impronta ecologica e progressivo smantellamento dei sussidi ambientali dannosi, cioè le agevolazioni che ancora sopravvivono per quelle attività che si ostinano a usare materiali inquinanti.