Marco Bresolin

A ggrappati ai Verdi. Con la speranza di farsi aprire la porta per abbandonare il gruppo dei Non Iscritti. Dove i soldi sono pochissimi, lo staff ridotto all’osso e le possibilità di mettere le mani sui dossier praticamente nulle. Ieri gli eurodeputati del Movimento Cinque Stelle hanno atteso per tutta sera l’esito della discussione nel gruppo degli ecologisti, chiamati a decidere se avviare o meno un dialogo con gli italiani per ospitarli sotto il loro tetto. Ma dovranno aspettare ancora. Altre 24 ore di suspense, visto che l’incontro si è chiuso con un nulla di fatto. La discussione è stata riaggiornata a oggi perché nel gruppo rimangono le resistenze di alcune delegazioni: quella tedesca in primis, che è anche la più numerosa (25 seggi). «I Verdi ci permetterebbero di rilanciare le nostre battaglie storiche e di rispolverare la nostra identità ecologista», spiega una fonte M5S. La fine del governo gialloverde certamente ha abbattuto ostacoli che nei mesi scorsi venivano considerati insormontabili. Ma alla controparte non basta. Gli ecologisti – marcatamente europeisti, ma altrettanto critici e identitari – non si fidano di un partito che considerano capace di cambiare radicalmente posizione dalla sera alla mattina. Un partito passato dall’alleanza con Nigel Farage e Matteo Salvini al sostegno per Ursula von der Leyen (che i Verdi invece non hanno votato). Ieri i grillini hanno rispolverato l’anima eurocritica e non hanno votato a favore di Christine Lagarde, prossima presidente Bce. Lo hanno fatto, spiega l’eurodeputato Ignazio Corrao, «per rispetto dei popoli affamati dalle politiche del Fondo Monetario da lei diretto». Niente voto contrario, però. Come previsto si sono astenuti. Il problema è che in questo caso la maggioranza dei Verdi ha votato a favore. Ma al di là degli atteggiamenti ondivaghi, ci sono divergenze sui singoli temi. Anche su quelli che sono di primaria importanza nel dibattito europeo. Vedi alla voce immigrazione. Persino il belga Philippe Lamberts, favorevole alle trattativa, ammette: «Non posso non notare che Lui gi Di Maio ha insistito molto per mantenere con il nuovo governo tutte le leggi scandalose sull’immigrazione e la soppressione della solidarietà». Il contrasto alle Ong impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo, che Di Maio aveva definito «taxi del mare», è un pugno in un occhio per i Verdi. C’è poi la forte contrarietà dei Verdi italiani, che però al Parlamento Ue non sono rappresentati. Le delegazioni favorevoli (per esempio i francesi) hanno molto puntato sulla questione-Brexit. Attualmente i Verdi sono il quarto gruppo all’Europarlamento con 74 deputati, uno in più dei sovranisti di «Identità e Democrazia» (di cui fa parte la Lega). Ma con l’addio di Londra all’Ue gli undici britannici saranno costretti a uscire e di conseguenza la formazione scenderebbe al quinto posto. Anche per questo il supporto grillino fa gola: il M5S porterebbe in dote 14 seggi (e dunque la garanzia di rimanere il quarto gruppo) e una vice-presidenza del Parlamento (Fabio Massimo Castaldo), che si aggiungerebbe alle due già conquistate dai Verdi. Dunque, assicurerebbe un maggiore peso in Aula. Ma a quale prezzo? Oggi il responso dell’analisi costi-benefici.