Marco Conti

«Quella di ieri a palazzo Chigi non era una riunione dimaggioranza per il semplice fatto chè M5S e Pd non hanno lamaggioranza». L’ironia dei “Vivaci” – cosìMatteo Renzi sostiene vadano chiamati gli adeptidi “Italia Viva” – segna il destino della riforma della giustizia che il ministro Bonafede era convinto di portare a casa con la Lega. Ed invece ieri si è ritrovato a palazzo Chigi il Pd di Orlando e Giorgis che a suo tempo ha contestato la riforma e soprattutto quel blitz parlamentare sulla prescrizione che permetterà dal primo gennaio l’allungamento “sine die” deiprocessi. LANOTA La consueta raccomandazione del presidente del Consiglio di evitare polemiche inutili, è naufragata subito dopo “grazie” alle esternazioni del Guardasigilli e alle precisazioni di Orlando e Giorgis. In mezzo si è subito infilato Renzi: «Non ci hanno chiamato. Si sono messi d’accordo Bonafede e Orlando», noi «diremo la nostra in aula». In realtà l’accordoM5S-Pdnon c’è e il Nazareno lo sottolinea con una nota che, oltre ad avvisare i grillini, ha lo scopo di togliere “spazio” all’ex Rottamatore anche sul tema della giustizia. Ma ieri Renzi ha portato l’asticella del garantismo su un punto dove i demnon possono arrivare.Ovvero la difesa di Silvio Berlusconi dall’ennesima indagine: l’attentato del ‘93 a Maurizio Costanzo. Con un twitter Renzi prende i classici due piccioni con una fava: difende il Cav e si toglie anche un sassolinoneiconfronti «dellaprocura della mia città» che «senza uno straccio di prova» indaga il Cavaliere, che a suo tempo gli indagò i genitori e che ora lavora all’inchiesta su “Open”. Più del siluro ai magistratidi Firenze, è significativa la voglia renziana di sovrapporsi alla linea di Forza Italia esponendosi in maniera netta nella difesa dell’Uomo di Arcore. Una mossa, quella di Renzi, che sorprende Giovanni Toti e, soprattutto, Matteo Salvini. I due, che da tempo e ben prima di Renzi, si contendono lo spazio politico di una FI in decomposizione, arrivano ore dopo, e un po’ trafelati, insieme a GiorgiaMeloni. I tempi in politica sono spesso tutto, Salvini ne sa qualcosa, ma la sortita dell’ex sindaco di Firenze è il segnale cheben altrenovità sono in arrivo e non solo sullo scivoloso tema della giustizia. L’occhio strizzato a parlamentari ed elettori di FI è evidente. Così come l’intenzione renziana di collocare il suo partito nello stesso spazio che nel ‘94 fece la fortuna di Forza Italia. I concorrenti sono però molti. Da Salvini alla Meloni passando per Toti e, buon ultimo ma non meno importante, ilmoderato «cattolico democratico» Giuseppe Conte che, tornato a palazzo Chigi dopo la parentesidi poche ore, è ormai alle prese con un suo personalissimo tour che ieri lo haportato inPuglia. IDELFINI Un conto è però ergersi ad erede, un conto è essere chiamato in una sorta di passaggio di testimone tra vivi. Più o meno è quello che una partedi Forza Italia spera echeper Renzi varrebbe doppio rispetto ai suoi competitor. La sfida in tv lanciata da Renzi a Salvini, e che si terrà ametà ottobre a “Porta a Porta”, fa parte della strategia dell’ex premier: schiacciare a destra il segretario della Lega e proporre all’elettorato una sorta di sfida tra i due leader della prossima competizione elettorale.A Salvini ilconfronto piace perché risponde ad un criteriomaggioritario. Per Renzi è l’opportunità da sfoggiare, che non cerca Zingaretti e che non può permettersiDiMaio. D’altra parte Renzi, che ha fatto il suo predellino fondando un partito, ha un vantaggio: con il Cavaliere non ha nemmeno una foto ufficiale malgrado un paio di incontri importanti. Un particolare, forse, ma che ha evitato all’ex sindaco la pericolosa investitura a “delfino”. D’altra parte non tutti gli eredi hanno la foto con il generoso avo. Ma.Con