Marco Cremonesi

ROMA La sfida della destra nella «piazza della sinistra». La manifestazione che Matteo Salvini ha fissato per il prossimo 19 ottobre avrà per scenografico sfondo San Giovanni in Laterano, il luogo simbolo in cui dal 1990 si svolge il concerto del Primo maggio organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Ci sarà anche Giorgia Meloni e i Fratelli d’Italia: la manifestazione davanti a Montecitorio di ieri mattina — che ha gemmato due raduni gemelli in piazza Capranica e al Pantheon — ha galvanizzato entrambi i leader politici: «Piazza piena il 19, urne piene la settimana successiva» ha detto Salvini ai deputati che lo circondavano al suo arrivo. Un riferimento alle elezioni regionali in Umbria del 26 ottobre che sono il primo passaggio elettorale dopo la caduta del governo: «In piazza c’è un pezzo di Italia che io penso sia maggioranza nel Paese che chiede di votare. Oggi è plastica la divisione tra il Palazzo chiuso e l’Italia in piazza». Nella strategia di Salvini saranno proprio le prossime tornate regionali a suggerire l’idea del Palazzo assediato dagli italiani che «quando sono liberi di votare, non scelgono di certo questa gente».

La contrapposizione viene sottolineata da Salvini indicando la Camera in cui Giuseppe Conte sta chiedendo la fiducia: «Non parliamo del passato, lì dentro c’è il regime che sa che sta per cadere e che fa come Maria Antonietta in Francia», la regina a cui è tradizionalmente attribuito il famoso «Non hanno pane? Che mangino brioche». Quanto alla tagliente replica di Conte agli interventi sul suo discorso del mattino, Salvini si limita all’ironia: «Un pochino livoroso per essere il profeta del nuovo umanesimo».

La piazza traboccante di persone, senza bandiere di partito ma zeppa di Tricolori sventolanti a Salvini è piaciuta. Anche se aveva già deciso che domenica prossima a Pontida, la bandiera italiana sarà per la prima volta protagonista del vecchio raduno. E a dispetto del fatto che la manifestazione di ieri era stata convocata da Giorgia Meloni. Che nell’accoglierlo sul palco non ha rinunciato, a sua volta, a un filo d’ironia: «Un grande bentornato al mio amico Matteo».

Però, il leader leghista non ha ancora rinunciato alla sua vecchia idea della corsa solitaria. Paradossalmente, l’assai probabile revisione della legge elettorale in senso proporzionale, non sembra preoccuparlo: «Meglio, anzi — osserva un leghista —. Non saremo costretti a fare alleanze prima delle elezioni, prenderemo il 35 per cento e l’incarico lo dovranno dare a noi. Poi, possiamo allearci con chi ci sta».

Forse un tantino ottimista, ma è vero che Salvini continua a ripeterlo a tutti: «Il centrodestra non esiste più». Soprattutto, a essere sempre più lontana è Forza Italia, anche se le alleanze per le regionali non sembrano in discussione. Il punto non sono le frasi sferzanti che Silvio Berlusconi ieri ha dedicato a Salvini («Ha aperto la crisi senza informarci. Se avesse ascoltato i miei consigli, avrebbe fatto molti meno errori»). «I problemi sono due — spiega un salviniano di stretta osservanza — In primo luogo, loro ormai sembrano rassegnati a diventare il nuovo Udc, un partitino di assessori sul territorio che, in ottica proporzionale, saranno sempre più disponibili ad ogni operazione». In secondo luogo, «Berlusconi non è Forza Italia e parlando con loro non sai più a chi devi dare retta».

Ma Salvini ormai è alle prese con il weekend che lo attende. Sabato mattina, la riunione dei sindaci e dei governatori leghisti ed alleati. Nel pomeriggio, la Lega Giovani eleggerà il suo nuovo segretario, Luca Toccalini. Mentre domenica è il giorno del primo raduno di Pontida in Tricolore.