Marco Patucchi
«Ma lo sa che l’80% del pesce che arriva sulla tavola degli italiani è di importazione? Ormai la vongola dell’Adriatico è uno degli ultimi prodotti autoctoni e non si faccia incantare dal mito delle veraci… sono specie che provengono dai mari delle Filippine. Quelle nostrane sono quasi scomparse». Antonio Gaudenzi se ne sta con le mani in tasca e guarda il mare. Anzi, guarda la schiera di “vongolare” allineate nel porto di Fano con i loro grandi rastrelli. Lui è uno degli armatori e comandanti della flotta (definizioni baldanzose, ma in realtà si tratta di pescatori) e le barche dondolano placide nello specchio d’acqua perché questo è periodo di fermo biologico. Al di là del molo, dove inizia la spiaggia, c’è chi prende il sole e qualcuno si tuffa anche in acqua. «Fino a vent’anni fa a metà ottobre qui c’era già la nebbia — ricorda Sergio Ciavaglia, un altro pescatore — . Il mare è diventato più caldo e lassù a Bruxelles lo devono capire…». La fila di vongolare è come una squadra navale in attesa della battaglia. Uno scontro commerciale, politico e ambientale. Interessi economici e mutamenti climatici che, se mal miscelati, possono diventare letali per attività che sorreggono il benessere di interi territori. Un motivo in più per chiedere all’Europa di essere davvero unita. Il duello è tra Italia e Spagna: da una parte le oltre 700 aziende che nell’Adriatico, da Chioggia giù fino a San Benedetto del Tronto, pescano ogni anno 45.000 tonnellate di vongole e danno lavoro a più di 1.600 addetti (senza contare l’indotto); dall’altra parte del fronte, le 300 aziende dell’Andalusia organizzate nelle Cofradias de pescadores, con le loro 6.000 tonnellate di vongole. Una sfida apparentemente proibitiva per gli spagnoli che, però, si preparano ad assestare un colpo durissimo ai nostri pescatori: «Noi tiriamo su vongole da oltre un secolo e loro da poco più di vent’anni — dice Domenico Felici, presidente del consorzio di Pesaro — ma gli spagnoli rischiano di essere più forti a livello politico in Europa». Nel 2015 una direttiva della Ue aveva proibito la pesca di molluschi di dimensione inferiore ai 25 millimetri (la proverbiale questione della misura delle vongole cavalcata dal populismo antieuropeo, Matteo Salvini in testa, senza però risultati tangibili), con lo scopo di salvaguardare la riproduzione della specie. Ma l’ecosistema dell’Adriatico, come dimostrato da studi scientifici super partes, produce vongole di taglio inferiore e così dal 2017 la Commissione europea ha previsto una deroga per le imprese italiane che da allora pescano regolarmente molluschi dai 22 millimetri in su. La deroga, che scade dunque a fine dicembre, è triennale per consentire verifiche periodiche della salute dell’habitat: «Gli ultimi controlli hanno confermato la specificità della fauna dell’Adriatico — spiega Tonino Giardini, responsabile nazionale pesca della Coldiretti — ma non essendo ancora completi, Bruxelles ha deciso la proroga di un solo anno». Ed è qui che Madrid è scesa in campo per giocare una partita che potrebbe mettere in ginocchio il settore italiano: la questione è stata portata davanti al Parlamento europeo dove la Spagna chiede lo stop alle deroghe. Se gli eurodeputati iberici riusciranno a coagulare una maggioranza di due terzi, la partita sarà vinta dai pescatori del Golfo di Cadice. «È una guerra commerciale mascherata da ragioni ambientaliste — sottolinea Giardini — . Italia e Spagna sono gli unici grandi mercati di consumo della vongola, ingrediente di piatti iconici come la pasta e la paella, ma il fatto è che il 50% della nostra produzione viene esportato proprio in Spagna a prezzi troppo competitivi per i loro pescatori, 3 euro al chilo contro 6. E non è solo una questione di quantità, le nostre 45 mila tonnellate contro le loro 6 mila, ma anche di qualità. La vongola dell’Andalusia è pescata in zone salmastre, è meno saporita». E pure sull’emergenza ecologica i pescatori dell’Adriatico difendono a spada tratta la deroga: «Intanto perché nel nostro mare continuano ad esserci tantissimi molluschi — dice Stefano Facchini, presidente dell’associazione dei vongolari di Fano — a riprova del fatto che anche sotto i 25 millimetri c’è riproduzione. Ma soprattutto perché consentendo anche i 22 millimetri, una pescata dura solo un’ora mentre sopra i 25 bisogna arare il fondale fino a sette ore, danneggiando così l’habitat». Mentre il sole inizia a scendere verso l’eremo di Monte Giove, in cima alla collina che si affaccia su Fano e sul mare, il gruppo di pescatori si avvia a casa parlando di politica e immaginando una riscossa: «Bisognerà riaprire le fabbriche conserviere, così i vasetti di vongole li produrremo anche noi, altro che quelle del Mar Nero confezionate in Turchia…», dice Eros Bocchini che guida un’azienda di export. Ma di questi tempi parlare di industria in Italia è complicato. Basterebbe, intanto, che lo Stato si schierasse a fianco dei pescatori dell’Adriatico nel duello con l’Andalusia.