Marco Zatterin
Sul piccolo schermo scatta la stagione delle grandi manovre. I capitani italiani della tivù digitale, ispirati dai colleghi europei, muovono i primi piccoli passi concreti sulla strada delle alleanze e delle piattaforme comuni con i rivali internazionali, in vista dell’inverno del possibile scontento globale che potrebbe cominciare quando Disney e Apple scateneranno l’offensiva planetaria all’ultimo telespettatore. Mediaset risulta aver pronto un patto pluriennale per sette film con Netflix da varare domani, stesso interlocutore con cui Sky farà massa critica su un’unica centralina a partire da mercoledì. Vengono presentate come strategie di attacco. Eppure, a ben vedere, sono soprattutto una difesa, almeno per il momento. I maligni scherzano sugli operatori «in cerca di un cardiotonico». Netflix è la regina dello streaming, tuttavia su alcuni mercati le cose non vanno come auspicato, anche per effetto dei recenti ritocchi al rialzo dei listini di abbonamento decisi per compensare l’aumento degli investimenti e l’erosione dei margini. Il mitico 9,99 al mese è diventato 11,99 o più nella versione ad alta definizione. La reazione non è stata quella sperata, il numero dei sottoscrittori ne ha sofferto. Il gigante americano della tv «a richiesta» si attrezza così per il duello col canale Disney che si offrirà (12 novembre negli Usa) a un prezzo che si vocifera inferiore, intorno ai 7-8 dollari, per cominciare. Nel frattempo, Amazon tesse la sua tela ibrida, destinando programmazione a basso prezzo a chi si iscrive al club «Prime» per far shopping online. È una cavalcata minacciosa che obbliga a ragionare sul consolidamento delle posizioni attraverso progetti comuni con singoli operatori nazionali. È qui che spuntano le intese con Mediaset e Sky. Il gruppo del Biscione balla da tempo fra le ombre, ha due piazze di riferimento (Italia e Spagna), ma fatica a scavarsi la dimensione europea necessaria per generare gli utili adeguati a non esser tagliati fuori dalla competizione continentale. La stretta di mano per la co-produzione di fiction con gli americani potrebbe permettere alla tv di Berlusconi una più ampia monetizzazione dei diritti, con gli americani a far da spalla per la commercializzazione dei prodotti fuori dai territori di diretta competenza. Il fidanzamento di Netflix con Sky ha un profilo differente, ma l’esigenza di fondo non è dissimile. Il grappolo di canali del gruppo Comcast deve affrontare la concorrenza crescente, una domanda di contenuti fortunatamente in aumento, e la perdita di valore del prodotto che una volta era centrale, le «news». L’intesa con Netflix concederà di offrire titoli come «La Casa di carta» e «Gomorra» su una sola piattaforma. Concentrerà gli interessi ed è questa la chiave. In attesa che il legislatore Ue renda i big americani meno indipendenti dai vincoli che pesano sugli attori del nostro mondo, la via per non soffocare è fare squadra in modo creativo. Nessuno immagina un’alternativa, per le tv private come quelle pubbliche. In Francia è nata la piattaforma Salto, nel Regno Unito la Bbc ha animato Britbox. In Italia, a partire dalla Rai, c’è chi accarezza l’idea di creare un ambiente unico per lo streaming a richiesta. Anche l’idea di una Santa Alleanza fra le Tv di stato europee, per fare massa e difendere le identità nazionali è oggetto di riflessione costante nel quartiere generale dell’Ebu, l’unione delle «rai» europee, a Ginevra. Tutti sanno che non c’è scelta, che il nemico è alle porte e che la partita è esistenziale, per il business e la cultura. Vuol dire che bisogna agire in fretta. Più di quanto, se si scremano le parole dai buoni auspici, si sta effettivamente facendo.