Maria Cristina Carratù

Hamdan Al Zeqri, 33 anni, è arrivato in Italia dallo Yemen quando ne aveva 17 per curarsi una grave infezione a una gamba, grazie a un progetto umanitario della Regione Toscana. Oggi è cittadino italiano, lavora in una industria del Mugello, ha un diploma di mediatore culturale, ed è il responsabile del dialogo interreligioso e della formazione coranica dei giovani della Comunità islamica di Firenze, insegnante di arabo e guida spirituale dei detenuti islamici del carcere di Sollicciano. Un curriculum “islamico” di tutto rispetto a cui si aggiungerà, martedì 15 ottobre, un tassello molto sui generis. Al Zeqri sarà il primo rappresentante di una comunità islamica italiana, con incarichi ufficiali, a laurearsi in scienze religiose. A consegnargli il diploma, che lo abilita, fra l’altro, a insegnare la religione cattolica nelle scuole, sarà una commissione di docenti dell’Istituto superiore di Scienze religiose di Firenze, che forma i suoi iscritti (dice lo statuto) «all’evangelizzazione» e «all’animazione cristiana della società». L’Issr è annesso alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, di cui è Gran Cancelliere l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, che ha incaricato la Diocesi si sostenere interamente i costi degli studi di Hamdan. Una incongruenza? Piuttosto la prova che, nel concreto, le relazioni fra comunità religiose possono stabilirsi nel segno di un’apertura che va ben al di là degli scontri politico-ideologici. «Più capivo chi era Gesù», spiega il laureando, «meglio vivevo il mio essere islamico». Sui social, però, si è subito scatenata la rissa. Con insulti e minacce, fanatici dell’uno e dell’altro fronte hanno bollato il titolo di Al Zeqri come il segno di una intollerabile confusione di ambiti religiosi, capace di incrinare saldezze dottrinali e magisteri. Col rischio di ritrovarsi un islamico docente di religione. Uno scontro che ha solleticato l’attenzione dei media di mezzo mondo (con la rete satellitare Al Jazeera pronta ad inviare una sua troupe alla cerimonia di martedì). «Paranoie, assurdità allo stato puro, figurarsi se andrei mai a insegnare religione cattolica», reagisce Al Zeqri, che spiega come la sua laurea rappresenti, in realtà, la prova che l’intolleranza di chi sbandiera rosari o inneggia a vanvera ad Allah si basa solo sull’ignoranza: «Io so cosa significhi sentire sulla pelle la polvere da sparo, e considero la pace il più alto dei valori», dice, «ma nessuna pace è garantita se non si conosce davvero l’altro, oltre gli equivoci del “sentito dire”». E studiarne una dimensione così profonda come la religione, sottolinea, «non significa rischiare di convertirsi» ma «riconoscere, in una dimensione di fraternità rispettosa, le profonde differenze teologiche che restano fra le fedi, al di fuori dell’ambiguo concetto di “tolleranza”». L’occasione che gli è stata offerta dalla Diocesi di Firenze, insomma, città dove non a caso il dialogo interreligioso ha una lunga e solida tradizione, non solo non nasconde secondi fini (Diocesi e Comunità islamica di Firenze, del resto, hanno esaminato e approvato insieme la richiesta di Al Zeqri), «ma è un contributo prezioso offerto alla costruzione della convivenza civile». Ad assistere martedì prossimo, nella sede dell’Issr in piazza Tasso, alla discussione della tesi (dedicata alla figura del ministro di culto islamico nelle carceri), ci sarà, insieme ai vertici della Facoltà, un vero parterre di autorità religiose islamiche: gli imam di Milano, Brescia, Verona, Trento, Perugia-Colle Val d’Elsa, e di Firenze Izzeddin Elzir, il presidente dell’associazione degli imam e delle guide religiose d’Italia, il segretario del consiglio islamico europeo in Italia, il presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane Yassine Lafram, i giovani della Gioventù musulmana italiana. E non è finita qui. Prossimo passo, per Al Zeqri, sarà la laurea specialistica, sempre con la “benedizione” di vescovo e imam.