Maria Teresa Meli
Questione di punti di vista. Per Matteo Renzi la formazione di gruppi parlamentari autonomi non è propriamente una scissione, ma il mezzo con cui attirare anche esponenti di altre forze politiche nel centrosinistra easostegno del governo. Per Nicola Zingaretti, invece non si capirebbero i motivi di questo «scisma» che potrebbe essere lacerante, come spiega lo stesso presidente della Regione Lazio intervistato da Bruno Vespa a Porta a porta. In realtà l’ex segretario ha messo in «stand-by» la sua operazione, «ma solo per adesso», come ha precisato ad alcuni senatori che gli chiedevano lumi: «Il progetto originario era ottobre, ora che è nato il governo vediamo se i tempi devono cambiare». E intanto si infittiscono i rapporti tra i due ex nemici Renzi e Dario Franceschini: l’altro ieri al Senato i due si sono appartati in un corridoio per discutere di governo e sottosegretari. Nel frattempo Zingaretti procede per la sua strada, guardando all’oggi. Il problema, adesso, a suo avviso «è la partenza del governo», che «è sempre il momento più difficile». Lui che voleva le elezioni e che alla fine ha dato il via libera a Conte non vuole rimpiangere quel suo si, perciò cerca di fare di tutto «perché questo non sia un governicchio». Arriva fino al punto di dire: «Considero della mia squadra i ministri dei 5 Stelle». Ed è sempre con lo stesso spirito che Zingaretti, dopo averlodato Conte e la sua missione a Bruxelles, lascia intendere che ormai l’Italia in Europa è «più autorevole». Certo, il segretario del Pd è preoccupato per le fibrillazioni grilline che hanno rallentato la nascita del governo e la nomina dei sottosegretari: «Dico ai5Stelle, guai a contemplare le nostre differenze. Se ci sono, bisogna sedersi attorno a un tavolo e trovare la sintesi. Non bisogna rapportarsi ognuno con le sue figurine Panini». E infatti lì dov’è queste differenze ci sono Zingaretti, pur mantenendo le sue posizioni, non calca mai la mano: «La revisione delle concessioni è cosa corretta, penso faccia bene ai concessionari e non a un solo concessionario», spiega parlando delle concessioni per le autostrade. Mentre cerca di fortificare Conte e di contenere i nervosismi degli alleati, Zingaretti non può certo trascurare il partito: Paolo Gentiloni vola a Bruxelles e bisognerà decidere chi siederà al suo posto, alla presidenza del Partito democratico. «Penso a una donna», dice il segretario. In lizza ce ne sono diverse, ma tutti, al Nazareno, scommettono sull’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti. «Un altro posto conquistato dalla corrente di Franceschini», osserva qualcuno nell’area Zingaretti.