Marzio Breda
«Nel suo ultimo discorso in pubblico, trent’anni fa, Zaccagnini parlò dell’esigenza, del dovere, di offrire ai giovani un orizzonte di ideali, una prospettiva di valori per evitare — così disse — l’inaridimento. Inaridirsi è il pericolo che si corre. È un messaggio forte per il nostro momento presente». Sergio Mattarella ricorda il costituenteesegretario della Dc Benigno Zaccagnini, al quale è stato vicino, e certifica il proprio riconoscersi nella lezione d’integrità e moralità che fu dell’«onesto Zac» e dei vecchi dirigenti del cattolicesimo democratico. Lo fa con frasi che sembrano quasi un atto di resistenza, di fronte al passaggio d’epoca che vede oggi il trionfo di un’antipolitica cinicaesenza basi etiche, in lotta per conquistare l’egemonia. Ma frasi che qualcuno legge anche come un’indiretta replica a certe opinioni del cardinale Ruini,riassunte nell’intervista al Corriere di domenica. Com’è ovvio, il presidente della Repubblica non entra nei botta e risposta sulla politica di giornata, anche se a parlarne sono le alte gerarchie vaticane, in carica o scadute. Di sicuro però il suo discorso di ieri a Ravenna ha il sapore di una doppia puntualizzazione, storica e culturale. Ed è un inedito assoluto il fatto che rivendichi — da capo dello Stato—il diritto di intervenire: «Io rappresento tutte le opinioni, le ideologie, le correnti, le posizioni, le convinzioni del nostro Paese. Questo non mi impedisce di sottolineare, per ciascuna di esse, i loro caratteri». Insomma: certe cose sente di doverle dirle. Il primo chiarimento balza evidente mettendo a confronto il giudizio dell’ex presidente della Cei sulruolo dei cattolici democratici, definito «irrilevante», mentre Mattarella si preoccupa — guarda caso — di elencare in quella tradizione alcune «figure esemplari» e decisive nella vita nazionale, «da SturzoaDe Gasperi a Moro». Il secondo chiarimento emerge quando il presule indica un presunto ed esclusivo ancoraggio «a sinistra» di quella tradizione politica, attribuendola appunto alla sola sinistra del partitoedimenticando che nella nozione stessa di cattolicesimo democratico si riconosceva l’intera Democrazia cristiana fin dalle origini, in quanto antifascista. Due pagine di storia su cui Mattarella è sensibile, perché coincidono con la sua stessa biografia. E che lega a Zaccagnini, al quale rende onore come già ha fatto con il liberale Einaudi o il socialdemocratico Saragat, entrambi antifascisti. Il presidente rammenta tante cose della sua frequentazione con l’amico romagnolo. Gli viene per esempio in mente «il giorno in cui al congresso della Dc fu riconfermato segretario e al momento della proclamazione non c’era… Era partito velocemente per Ravenna perché era morto un suo amico. Questo rifletteva il senso di umanità profonda che lo muoveva. Perché la politica non può essere disumana… ma deve semmai mirare alla ricerca del bene comune, al di là dei confini di ideologie, opinioni e fedi». E qui, sull’eclissi degli ideali e sulla disumanità dei nostri tempi evocate da Mattarella, ciascuno può cogliere i riferimenti che crede, secondo le proprie nostalgie. Le cronache politiche parlano da sole.