Massimiliano Panarari

Gentile Direttore, in merito all’articolo dal titolo “Il video del Renzi falso. L’ultimo salto di qualità nella manipolazione tv” (La Stampa, 25 settembre), precisiamo che Massimiliano Panarari afferma il falso quando scrive che solo in seconda battuta il filmato era stato qualificato da noi come fake sul sito e sui social. Come lei ben sa, avendolo pubblicato sul suo giornale il 20 settembre, ne avevamo già dato notizia in conferenza stampa davanti a decine e decine di giornalisti. Il Panarari, non solo non legge il giornale per cui scrive, ma neppure vede integralmente le trasmissioni di cui si perita di discettare. Infatti, in uscita dal filmato (riferendosi a Renzi), Ezio Greggio e Michelle Hunziker così commentavano: Greggio: “Ma è lui o non è lui? Certo che non è lui!” Michelle: “Ma è identico!” Greggio: “Ma scusi, secondo lei Renzi può dire cose di questo tipo?” Michelle: “Certo!” Greggio: “Ma no, al massimo le pensa, ma non le dice, non le dice, non le dice…”. Nei titoli di coda della trasmissione, inoltre, veniva chiaramente specificato: la voce di Matteo Renzi è di Claudio Lauretta. Da 31 anni Striscia esemplifica, scova e combatte quelle che un tempo venivano chiamate bufale e oggi sono diventate fake news, insinua il dubbio con il suo stile provocatorio che di certo non può piacere a chi è completamente privo di ironia.
L’UFFICIO STAMPA DI STRISCIA LA NOTIZIA

Il giornalista: quell’ironia perduta

Che dire? A volte non c’è gusto in Italia a essere diligenti (libera parafrasi da Roberto “Freak” Antoni). Uno si sforza diligentemente di fare analisi – discutibili e opinabili, naturalmente (e ci mancherebbe altro) –, di produrre argomentazioni, di passare in rassegna i fatti, e, invece, zacchete, giù botte, e raffiche di kalashnikov verbale. Piovono (parole come) pietre. Nell’articolo da cui ha preso le mosse questa querelle si cerca di indicare come, con il video deepfake su Renzi, Striscia la notizia abbia ulteriormente spinto in avanti i confini dell’infotainment nostrano, riconfermando il suo ruolo di trasmissione portatrice di un’«ambiguità costitutiva». Per cui, tra l’altro, alla bisogna e à la carte, questo programma campione di ascolti può autodefinirsi informativo oppure satirico – e, in questo modo “doroteo”, punta a sfangarsela sempre da critiche e obiezioni. E, soprattutto, avvolge i suoi telespettatori in una nebulosa molto postmoderna dove il verosimile può prevalere sul dato di fatto. Un «ruolo avanguardistico» rispetto alla tv generalista, come si scriveva, che si presta a molte riflessioni e, nella fattispecie del video, anche a qualche inquietudine, dal momento che il modello del cittadino informato è quello a cui tutti quanti teniamo, anche se la pensiamo in maniera diversa su tante cose (o mi sbaglio?). Ecco, di qui, a pensare di essere stati accusati di rappresentare una minaccia per le democrazie liberali ce ne corre, e parecchio (nell’articolo il riferimento era, un po’ realisticamente, alla Russia e alla Cina). Quell’inusitata imputazione sarebbe, decisamente, «troppa grazia Sant’Antonio!». Ah, stiamo parlando del santo patrono, non del nome di battesimo dell’inventore del programma – sempre a scanso di equivoci, che qui non si mai come vengono prese le parole da chi dell’ambivalenza ha fatto il proprio marchio di fabbrica. E, già che ci siamo, potremmo pure dire che, dal berlusconismo al grillismo, c’è tanto riccismo nella politica e nell’antipolitica italiane. Una valutazione analitica, e pure una considerazione che riconosce il ruolo rilevante che gli spetta nell’immaginario televisivo (e non) italiano di questi ultimi decenni, ma c’è il rischio che qualcuno se la prenda a male, e allora meglio “sopravvolare” (come diceva Corrado Guzzanti). Del resto, si sa, il Ricci è ispido come un vero ricci(o). Mica è tondo come il Gabibbo. E, quindi, la «precisazione» non lesina fattoidi, affermazioni strampalate e offensive (“scie chimiche” de che?) e anche qualche attacco sul piano personale. E la butta in caciara, termine romanesco che rende perfettamente il significato delle armi (comunicative) di distrazione di massa utilizzate per distogliere l’attenzione dai veri punti in questione. E dire che il situazionismo teorizzava l’ironia e, soprattutto, l’autoironia, come dovrebbe ben sapere chi se ne dichiara erede. MASSIMILIANO PANARARI

La replica: solo una provocazione

Le chiacchiere stanno a zero. Ribadiamo che Massimiliano Panarari ha semplicemente, e con la solita approssimazione, riportato fatti non veri. Tra l’altro è a disposizione di tutti sul nostro sito il filmato della conferenza stampa dove Ricci, davanti a decine e decine di giornalisti, ha chiarito il senso della provocazione dell’«inquietante» filmato che in seguito è stato trasmesso. È Massimiliano Panarari a buttarla in caciara, questa volta per fortuna ci risparmia la solita spolverata di Deleuze e Baudrillard che usa per insaporire i suoi soufflés. Spiace però notare che l’esperto di ambiguità (scrive per la casa editrice di B.) non abbia colto anche quanto riccismo ci sia nel trumpismo e nel putinismo. Apprezziamo il suo tentativo di fare l’ironico e il simpatico, se vuole ci proponiamo gratuitamente come tutor per un corso, ci piacciono i casi disperati.
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