Massimiliano Panerari

Il film Joker sta spopolando nelle sale, e Beppe Grillo si presenta travestito come il personaggio del momento. Lo ha fatto nel video che ha introdotto la kermesse «Italia a 5 Stelle» di Napoli e, dal momento che il decennale del Movimento è una ricorrenza molto attenzionata da cittadini e media, non poteva non sfoggiare un’entrata drammaturgicamente a effetto. Le tensioni all’interno dei gruppi dirigenti sono tante, e trovate come queste vanno lette anche come «armi di distrazione di massa» per sviare la discussione dai punti dolenti. Grillo è un’incarnazione vivente, alla lettera, di ciò che si intende con politica-spettacolo. Per parafrasare il poeta barocco Giambattista Marino, si potrebbe dire che dell’attore il fin è la meraviglia, e il comico-politico è contraddistinto da un senso da professionista del mestiere per lo spettacolo e la ribalta. Dove si affollano vari personaggi pentastellati in cerca d’autore – e uno dei più importanti di questi, Luigi Di Maio, dà da tempo la sensazione di non considerare più «Beppe» come il suo autore preferito (e di essersi messo in proprio). Grillo è entrato in politica trasferendovi innanzitutto il proprio bagaglio professionale. Quasi come fosse stato «scritturato» da Gianroberto Casaleggio per fare il buttadentro di consensi (e, quindi, di voti), a partire dall’impressionante comizio-show del «V-day» bolognese nel 2007. E si convertì immediatamente nel leader carismatico del «non-partito» antipolitico che voleva rivoluzionare la vita pubblica italiana. Un carisma non esattamente nell’accezione weberiana, anche per la formula peculiare di governance (una diarchia tra lui e Casaleggio) del M5S. E in questo suo potere carismatico ha fatto incessantemente capolino l’altra anima: quella del trickster, del fool, del giullare antisistema. Insomma, visto con gli occhi dell’oggi, di Joker. Un dualismo interno che, forse, corrisponde ai temi del doppio e della «dissociazione», cari a molti attori – e Grillo vs Grillo si intitolava appunto lo show del ritorno sui palcoscenici nel 2017. Joker-Grillo è pure l’ennesima conferma della vittoria assoluta dell’immaginario della cultura pop anche nel campo politico (quella che alcuni studiosi chiamano la transpolitica), poiché la riconoscibilità di massa dei prodotti dell’industria culturale mainstream vale come automatica garanzia di popolarità per chi associa a essi la propria immagine. Col Conte 2 giallorosso il «Garante» è ritornato prepotentemente al centro della scena. Grillo fa politica-spettacolo (o, per meglio dire, spettacolo-politica), e adotta lo stile performativo-comunicativo dello stand up comedian, che prevede l’aggiustamento del proprio show sulla base delle reazioni degli spettatori. Fino ad arrivare a capovolgimenti autentici del posizionamento della sua forza politica; non per nulla, come ha detto con le fattezze dell’antagonista di Batman, «io sono il vero caos». E, così, dopo il crollo del Conte 1 gialloverde ha annusato lo spirito dei tempi e trovato una finestra di opportunità per rimettere in pista alcune sue idee affiorate negli spettacoli «ecologisti» e «visionari» tra gli anni Novanta e i Duemila. Adesso, come ha affermato, si è presentata l’occasione di rimodellare la narrazione al Pd. Ed ecco allora l’«Elevato» che dà le carte (compresa quella del Joker) agli altri partiti. Sempre che da demiurgo non ridiventi «Clown triste», e non venga tradito – una regola inossidabile della politique politicienne – da qualcuno dei suoi (esattamente come succede in una storia anche al Joker dei fumetti).