Michela Marzano

Matteo Gastaldo, Marco Triches e Antonio Candido sono morti compiendo il proprio dovere, travolti da un’esplosione di origine dolosa mentre stavano cercando di spegnere un incendio in una cascina a Quargnento, in provincia di Alessandria. In un’epoca in cui il valore della “cosa pubblica” e degli ideali sembra essere venuto meno, e in cui chiunque sembra agire sempre e solo in base ai propri egoistici interessi, le immagini che ritraggono alcuni vigili del fuoco che si abbracciano dopo aver ritrovato il corpo esanime dei loro tre colleghi ci ricordano come, anche nella nostra vituperata Italia, esistono persone che credono nelle istituzioni e nel valore della propria funzione. Persone che, svolgendo il proprio lavoro, sono capaci di non tirarsi indietro. Anche quando è in gioco la propria vita, e compiere il proprio dovere significa accettare il rischio di morire. Dietro il sacrificio di questi tre giovani pompieri, c’è d’altronde non solo un forte senso dell’onore e dell’etica, ma anche un monito a tutti coloro che pensano che non valga più la pena di battersi né per il proprio Paese, né per il bene comune, né per l’onore, né per il dovere. Un tempo, esisteva un legame indissolubile tra onore e credibilità, senso del dovere e sacrificio. Chi non ricorda l’esempio di Attilio Regolo? Fatto prigioniero dai Cartaginesi, il Console fu spedito a Roma per negoziare la pace e trattare il cambio dei prigionieri. Attilio Regolo sconsigliò allora i Romani di accettare la proposta ma poi, fedele alla parola data, tornò a Cartagine dove venne immediatamente condannato a morte. Avrebbe potuto salvarsi, ma pacta sunt servanda: il proprio ruolo gli aveva imposto di non cedere, di essere fedele alla propria patria, di sacrificarsi. Certo, con l’avvento della modernità, l’onore ha progressivamente lasciato il posto alla massimizzazione dell’interesse individuale: come ha scritto lo storico e sociologo statunitense Christopher Lasch a proposito di quella che lui chiama la “cultura del narcisismo”, oggi sono spesso considerati eroi coloro che brillano «nell’arte di far le scarpe agli altri», e che riescono a non lasciarsi mai coinvolgere dai “dettagli della moralità”. L’esempio dei tre giovani pompieri che hanno sacrificato la propria vita, però, ci dice e ci insegna tutt’altro: ci sono ancora ideali cui rendere testimonianza con il proprio impegno, il proprio lavoro, e eventualmente il proprio sacrificio; e i veri eroi sono persone come loro, persone che, senza cedere al fascino di qualche “mi piace” ottenuto sui social, mostrano la loro grandezza e il loro eroismo con la coerenza e il coraggio della propria condotta.