Michele Farina

La pace si fa in due, ma hanno premiato solo lui. Abiy Ahmed, prima il cognome e poi il nome come da tradizione etiope. Prima lo scatto e poi la maratona: in un Paese osannato per i suoi atleti fondisti, il Nobel più ambito è andato a un «premier sprinter» che nel giro di due mesi ha sgretolato un muro da record che resisteva da due decenni. Ha battuto la concorrenza di 300 e passa candidati, dalla favorita Greta Thunberg ad Angela Merkel passando per gli attivisti mascherati di Hong Kong. Hanno premiato lui, i commissari norvegesi del Nobel, pur ammettendo che i conflitti non si risolvono «grazie alle azioni di una parte sola». La mano tesa dal giovane premier etiope la scorsa primavera era stata presa al volo dal vecchio dittatore dell’Eritrea, Isaias Afewerki. Certo un anno dopo la dichiarata pace, i rapporti si sono un po’ arenati e le frontiere richiuse, mentre permangono le dispute sul confine che risalgono almeno alla guerra del 1998-2000 quando 80 mila soldati rimasero sul terreno. Dopo la sorpresa della partenza a razzo, il vecchio dittatore è rimasto tale. Ma lo sprinter non si è fermato. In patria Abiy ha liberato migliaia di prigionieri politici (anche se ultimamente si registra una certa ripresa della repressione sugli oppositori). E all’estero ha giocato un ruolo di mediazione cruciale in Sudan, dove il conflitto tra militari e società civile è sfociato in dialogo. Il premio che arriva da Oslo è un riconoscimento a un leader visto con simpatia (o con gelosia) in tutta l’Africa. Inaspettato ma non sprovveduto. Ex militare, 43 anni, è il più giovane leader del continente. Tre figlie, una moglie conosciuta nell’esercito, il mago dell’informatica vanta una carriera da veterano. Ha cominciato a 13 anni nelle file della resistenza al dittatore Menghistu, ha fatto il soldato e ha lavorato nell’intelligence, fondando l’agenzia nazionale di cyber security. In curriculum spicca un master in «leadership trasformativa» a Londra. Anche chi vede con sospetto l’Abiymania, non può non riconoscere le trasformazioni da lui impresse a un Paese come l’Etiopia. Applausi sono fioccati da tutto il mondo. Uno per tutti, il Segretario Generale dell’Onu António Guterres ha parlato di «un magnifico esempio» per tutti coloro che «vogliono superare le barriere del passato e mettere al primo posto le persone». Molta gente è scesa per le strade a festeggiare ad Addis Abeba. Giustoaottobre, un anno fa, la capitale era stata teatro di una minacciosa protesta con migliaia di militari fatti arrivare sotto il palazzo del premier per chiedere aumenti retributivi (forse sobillati dai vertici dell’esercito rimossi dal governo). Immaginate le guardie del corpo quando hanno visto Abiy scendere in mezzo ai soldati e «sgonfiare» la tensione sfidandoli a una gara di flessioni. È passato un anno e il Nobel per la pace arriva come incoraggiamentoaun leader che ha ancora molto da dimostrare. «Sono onoratoefelice», ha detto Abiy dopo l’annuncio. «È un premio all’Africa, all’Etiopia. Immagino che anche gli altri leader lo vedranno come un segno positivo per lavorare al processo di pace nel nostro continente». A guardarsi intorno, non si vede la fila di colleghi che si dannano l’anima per la pace. Fosse il Nobel perla guerra, forse sarebbe più facile. Non solo in Africa. Nella stessa Etiopia, le aperture democratiche del nuovo corso hanno acceso rivendicazioni che in alcuni casi hanno preso la strada della violenza, con almeno 1.200 morti e due milioni di sfollati interni. Abiy sembra l’incarnazione del dialogo tra etnie e religioni diverse: papà Oromo (l’etnia maggioritaria e a lungo discriminata)emusulmano, mamma di sangue Amara e cristiana ortodossa. Ahmed è diventato cristiano protestante: il suo ufficio è pieno di libri di filosofia, scienza, storia delle religioni. All’inizio del mandato non aveva voluto neanche una segretaria, per dare l’idea che il suo ufficio fosse sempre apertoatutti, senza filtri. Un paio di attentati hanno modificato il suo approccio. Le elezioni del 2020 saranno il banco di prova della sua missione. Il Parlamento attuale non vanta neppure un deputato dell’opposizione.