Monica Guerzoni & Alessandro Trocino

Giuseppe Conte le ha provate tutte per dare il «segno di una svolta». Ma i soldi per la seconda manovra del premier bis scarseggiano e l’alba ha portato gli echi dei contrasti notturni tra i partiti, che si sono fronteggiati, prima in via XX Settembre e poi a Palazzo Chigi, per infilare a forza i loro vessilli nel documento programmatico di bilancio. La famiglia, gli evasori e poi Quota 100, che Renzi vuole abolireeDi Maio non vuole toccare. Un groviglio di nodi, di veti e di tensioni che il premier deve riuscire a sciogliere entro stasera, quando il Consiglio dei ministri, salvo slittamenti, dovrà dare il via libera al documento. Giornata da tutti contro tutti su pensioni e tasse, finché alle due di notte, dopo quattro ore di vertice, da Palazzo Chigi trapelano sospiri di sollievo: «Si lavora in un buon clima, c’è ragionevolezza da parte di tutti, renziani compresi». Il Pd si prepara a esultare, perl’assegno unico perla famiglia e perché le risorse per tagliare il cuneo fiscale aumentano a 3 miliardi. Sparisce la tassa sul diesel e così il balzello sulle sim e il ministro della Salute di Leu, Roberto Speranza, confida di riuscire ad abolireisuperticket nel 2020, con l’appoggio del M5S. Renzi sembrava essersi placato, tanto da promettere che non avrebbe scandito altri aut aut. Ma ieri, per bocca di Teresa Bellanova e Luigi Marattin, l’ex premier è tornato all’attacco e ha proposto la cancellazione di Quota 100 per aiutare le famiglie. Di Maio ha impugnato il telefono e ha ammonito gli alleati. «La riforma delle pensioni non si tocca — ha avvertito il ministro degli Esteri —. Faremo muro con tutte le nostre forze, perché io altri esodati non li creo. Il Movimento Cinque Stelle non farà mai quello che ha fatto Elsa Fornero». Moniti che gli servono anche per smarcarsi dall’abbraccio con Renzi, che sul «no a nuove tasse» è più stretto che mai. Sul tema Di Maio ha un doppio passo. Da una parte spinge sulla galera per i grandi evasori, dall’altra è cauto, perché guarda a quella fetta di elettorato che rischia di essere coinvolta in una stretta. Tanto che daNapoli ha avvisato i naviganti: «Se la lotta all’evasione la si vuole fare per vessare imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti, diremo no grazie». È un terreno scivoloso, sul quale Di Maio rischia di pestare i piedi a Conte. Da giorni il premier spinge sul tasto della lotta all’evasione, ha messo nel mirino furbetti e furboni e non intende fare sconti a nessuno. Nemmeno al capo del Movimento. «Di Maio è troppo timido sulle norme che regolano l’uso dei contanti, non ci sta aiutando abbastanza sulla moneta elettronica», si è lamentato il premier con i collaboratori. L’insistenza del giurista pugliese sulla lotta ai grandi evasori e ilrilancio, dal palco di Italia 5 Stelle, del «patto» con gli italiani onesti, hanno sorpreso i fedelissimi del leader, che giudicano le mosse di Conte «una fuga in avanti». Eppure il premier è soddisfatto, perché dopo aver pressato per giorni il ministro Roberto Gualtieri, ha incassato il piano perincentivare l’uso dei pagamenti digitali. «Una sere di spese, dal ristorante all’idraulico, consentiranno una detrazione del 19% a chi paga con carta o bancomat, con un massimale di alcune migliaia di euro», spiegano a Palazzo Chigi. Se Italia viva sfida il Movimento Cinque Stelle con l’obiettivo di smantellare la riforma bandiera di Salvini, il Movimento dipinge il Pd come il «partito delle tasse». Quando ieri Di Maio si è chiuso con la sua squadra a Napoli per concordare la strategia sulla manovra, ha costruito una narrazione orientata a far passare il Nazareno come il luogo dove si studia «l’introduzione surrettizia di nuove tasse, come quelle sulle sim aziendali». I 5 Stelle, contrari anche all’abbassamento retroattivo della soglia di detraibilità Irpef del 19% sopra i 110 mila euro, avevano fatto i calcoli, ipotizzando un aumento dai 6 agli 8 euro al mese per ciascun dipendente.