Paolo Baroni
Sono servite più di quattro ore di vertice tra i partiti di maggioranza e tutto un pomeriggio di incontri bilaterali tra il premier Conte, il ministro dell’Economia Gualtieri e le delegazioni di 5 stelle, Pd, Italia viva e Leu per trovare una prima intesa sulla manovra. Alla fine, dopo giorni di tensione e mille scintille soprattutto tra Conte e Di Maio, quando mancava poco a mezzanotte è stata trovata un’intesa ma solamente sul decreto fiscale. Sulla legge di Bilancio, hanno spiegato fonti della maggioranza, occorrerà infatti lavorare ancora. Le 3 richieste dei 5 Stelle A conti fatti il leader dei pentastellati, che arrivava ai tavoli con tre richieste su tetto al contante, carcere ai grandi evasori e flat tax per le partire Iva, l’ha certamente spuntata su tutti: due richieste su tre sono passate, mentre sulla terza la riflessione sembra già a buon punto. Le novità più rilevanti riguardano la lotta all’evazione. E’ stato infatti deciso di rinviare al 1 luglio 2020 l’abbassamento da 3 a 2 mila euro del tetto al contante e le multe per chi non accetta la moneta elettronica, prima infatti il governo dovrà concordare col sistema bancario «un corposo taglio delle commissioni». Quanto ai grandi evasori, dopo che nel decreto fiscale la pena da comminare in caso di frode è già stata alzata da 6 ad 8 anni, si prevede di rafforzare le misure inasprendo le pene (le manette dovrebbero scattare sopra la soglia dei 100mila euro) e di introdurre anche in questo campo la confisca per sproporzione mutuata dall’Antimafia. Su queste misure il premier, come è noto, è d’accordo da tempo, anche se Conte avrebbe magari preferito utilizzare come strumento una legge delega. Un incontro a due Di Daio-Franceschini ha fatto invece propendere per il decreto fiscale, come chiedeva l’M5s. Un’unica concessione ai più critici, in primis i renziani, la scelta di far entrare in vigore le nuove norme sulle manette solamente dopo la conversione del decreto da parte del Parlamento anziché subito. «È un risultato importante per il Paese e per tutti i cittadini che pagano le tasse, un segnale inequivocabile per i grandi evasori che sottraggono risorse alla collettività» ha commentato a caldo il ministro della Giustizia Bonafede. «Finalmente tocchiamo gli intoccabili» ha aggiunto poi Di Maio. Cedolare secca, si ricambia Un’altra decisione riguarda il trasferimento dal decreto fisco alla legge di bilancio dell’aumento dal 10 al 12,5% della cedolare sugli affitti. Nulla di fatto invece sulla flat tax per le partite Iva, altro tema caro ai 5 Stelle che chiedevano di lasciare l’aliquota del 15% e di far sparire i ritocchi studiati dal Mef (regime analitico, obbligo di fatturazione elettronica e tetto agli investimenti). Anche su questo punto ieri notte il ministro degli Esteri avrebbe trovato un’intesa col capo delegazione del Pd. L’idea in questo caso sarebbe quella di allentare un poco la stretta: il regime pienamente forfettario, senza introdurre il calcolo analitico del reddito, per i redditi sino 65mila euro resterebbe invariato. Ancora da definire invece altri paletti per l’accesso al regime, a partire dal tetto alle spese per gli investimenti che stanno a cuore a Gualtieri. Asse Di Maio-Franceschini Mentre i renziani hanno continuato a dar battaglia tutta la sera chiedendo l’abolizione di Quota 100, della sugar tax ed il dietro front sulla cedolare secca, annunciando una sventagliata di emendamenti in Parlamento nel caso queste richieste non passassero, dal Pd è arrivato un giudizio sostanzialmente positivo sulla giornata di incontri. «L’intesa sull’inasprimento delle norme per i grandi evasori adempie al punto 16 del programma di governo e rientra nella strategia di lotta all’evasione centrale per il governo – ha spiegato il capodelegazione Dario Franceschini -. Il fatto poi che nel decreto fiscale sia previsto che le norme entreranno in vigore non subito ma soltanto al momento della conversione, garantisce il Parlamento sulla possibilità di approfondirne tutti gli effetti e conseguenze». Ai Dem, che ieri a loro volta hanno ottenuto il reintegro dei fondi Imu-Tasi destinati ai Comuni infatti, premeva soprattutto che l’impianto della legge di bilancio non venisse stravolto. Lo stesso obiettivo che del resto si erano dati Conte e Gualtieri.