Paolo Baroni Perchè no

La nuova tassa allarma l’intera filiera della plastica, da chi la produce a chi costruisce i macchinari per gli imballaggi, da chi la utilizza per confezionare cibi e bevande a chi realizza componenti auto. Preoccupa imprese grandi e piccole ed ovviamente tutti i sindacati. Il prelievo di 1 euro per ogni chilogrammo di plastica utilizzata (o introdotta nelle confezioni) già nel 2020 pesa per circa 1,1 miliardi di euro, prelievo che poi nel 2021 sale addirittura a 1,8 miliardi. Insomma un bel salasso, senza contare poi che sulle famiglie si dovrebbero scaricare ben 165 euro di costi in più l’anno. A tremare è uno dei comparti più dinamici e innovativi della nostra economia, che vale nel complesso 40 miliardi di euro di fatturato, conta 10 mila aziende e ben 150 mila occupati, di cui 50 mila solo nel settore degli imballaggi. «La misura non ha finalità ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti, e rappresenta unicamente un’imposizione diretta a recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese», protesta da giorni Confindustria, spiegando che «le imprese già oggi pagano il contributo ambientale Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica per un ammontare di 450 milioni di euro all’anno, dei quali 350 vanno a finanziare la raccolta differenziata dei Comuni». Secondo il presidente di Federchimica Paolo Lamberti «la nuova tassa colpisce la plastica in modo demagogico, senza tener conto dell’impatto disastroso che avrà su tutte le imprese, con ricadute devastanti sugli investimenti a favore dell’innovazione». A suo parere «questo dirompente aggravio di costi, oltre a mettere in gravissimo pericolo la sopravvivenza di tante piccole e medie imprese, di fatto sottrarrà fondi che le imprese chimiche destinano alla ricerca e all’innovazione per trovare le migliori soluzioni tecnologiche in ottica di sostenibilità». Va da sé che anche i sindacati dei chimici esprimano altrettanta preoccupazione. «La plastic tax – recita una nota congiunta delle segreterie nazionali di Filctem Chil, Femca Cisl e Uiltec Uil – anziché aiutare la crescita e le riconversioni, contribuirebbe a determinare il soffocamento del settore della produzione e un’ingente perdita di posti di lavoro, che con questi presupposti sembra essere inevitabile. La tassa, inoltre, determinerebbe un aumento pari al 10% del prezzo di prodotti di larghissimo consumo, contribuendo a indebolire ulteriormente la domanda interna e non a sostenerla, con evidenti ripercussioni negative per tutti i settori indicati». La mossa del governo, che chiede alle imprese una riconversione delle produzioni secondo i principi dell’economia circolare, lascia insomma stupiti un poco tutti. Di fatto, si fa notare, con la plastic tax si sottraggono alle imprese risorse ben superiori a quelle necessarie per la riconversione stessa. Un vero autogol. Non è un caso che Paolo Scudieri, presidente del gruppo Adler, azienda leader nel campo della componentistica auto, altro comparto colpito dalla nuova tassa, lanci una provocazione molto forte: «Ci vorrebbe uno sciopero fiscale e dell’industria – spiega – contro chi vuole distruggere l’economia ed europea nel nome di un falso ecologismo votato al consenso elettorale».