Paolo Berizzi

In piazzale Olimpia le saracinesche del pub “The Den” sono abbassate: nell’insegna del locale campeggiano una croce celtica, quattro rune e la scala simbolo dell’Hellas. Il titolare è Andrea Croce, consigliere della 3° circoscrizione, fresco di Daspo e fratello di Michele, già presidente di Agsm, l’azienda municipalizzata di fornitura del gas. Chiuso — è lunedì pomeriggio — anche il bar Nilla, altro ritrovo ultrà davanti allo stadio Bentegodi. Un ragazzo si ferma: «State montando un cinema assurdo, Balotelli vuole fare il fenomeno ma è un mona». Passa un’ora. Il sindaco sovranista Federico Sboarina, sull’onda della levata di scudi di una destra sempre più estrema, presenta una mozione anti-Balotelli. Titolo: “Condanna politica per chi diffama la città”. Il giorno dopo la Verona nera si riscopre negazionista. «Non è vero niente». «Solo una pagliacciata». «Li ha sentiti solo lui (i buuu razzisti, ndr)». «Quello là voleva farsi pubblicità». Quello là è “el negher”, “Mario-Mario”, come intonavano domenica i “butei”, loro, gli ultrà della “squadra fantastica fatta a forma di svastica”, “allenatore è Rudolf Hess”, le feste “le paga Hitler”. E insomma la colpa è del “negher”. «Ha spedito il pallone in curva perché spera di andare dalla D’Urso», vomita l’impresentabile Luca Castellini. Benvenuti in una delle città d’arte più belle e visitate d’Italia. Dice l’ex procuratore capo Guido Papalia, uno che l’estremismo nero lo conosce e lo ha contrastato: «Queste frange, anche se sono una minoranza, incontrano un’indifferenza generalizzata che è più grave degli stessi atti delinquenziali. Se gli amministratori non prendono le distanze si spiana la strada al peggio. E il risultato è che questa etichetta marchia la città». Papalia la tocca piano. Perché il punto è che gli amministratori veronesi con l’estrema destra hanno rapporti strettissimi. Talmente ravvicinati che qui, nella città che Roberto Fiore ha già ribattezzato “Vandea d’Europa” — passata dal terrorismo eversivo di Franco Freda all’omicidio “politico” di Nicola Tommasoli attraverso Ludwig, i due ragazzi della Verona bene che massacravano preti e emarginati — è difficile distinguere. Si chiamano Andrea Bacciga, Stefano Stupilli, Yari Chiavenato, Alberto Lomastro, Alberto Zelgher. E Castellini. Sono gli uomini di collegamento tra la strada — e la curva Sud gialloblu — e il palazzo. Tutti uomini che a vario titolo ruotano intorno a Sboarina e si muovono in quell’area di fascioleghismo spinto e ultracattolicesimo antiabortista dove alligna il potere. Storie. Mentre i neofascisti Castellini e Bacciga (saluto romano alle attiviste di “Non Una di Meno”, ndr) vengono ricevuti dal sindaco attraverso il fidato segretario particolare Umberto Formosa — soprannome “il picchiatore”, anche lui ultrà pluridaspato — il 4 ottobre i battenti di Castel Vecchio si aprono per il convegno “Le bugie sull’immigrazione”: nella locandina c’è un immigrato con in mano un machete insanguinato. Logo del Comune e fondi di Serit, la municipalizzata dei rifiuti. «A Verona i fascisti sono legittimati — attacca la deputata dem Alessia Rotta — Qui non è più un problema di stadio, ma di qualità della democrazia». In un clima da post-revisionismo, all’estrema destra della città di Giulietta accade di tutto: l’ex ministro leghista Lorenzo Fontana e l’hitleriano Castellini a braccetto nel “Family pride”; finanziamenti al “Comitato delle Pasque veronesi”, quelli delle messe in latino col rito preconciliare; campi da calcio comunali gratuiti per i neonazisti di Fortezza Europa; mozioni per riscrivere la storia della Resistenza. Tanti casi fanno cumulo. Sembrano ieri i feti di plastica distribuiti come gadget al Congresso delle famiglie. Adesso, Balotelli. «È grave e triste che Verona finisca sui media per dei facinorosi che scambiano la goliardia con il razzismo», ragiona Patrizia Bisinella, consigliere comunale d’opposizione, compagna dell’ex sindaco Flavio Tosi. Ma perché sempre qui? A settembre CasaPound ha organizzato in città il raduno nazionale perché «ci sentiamo a casa». «Sponde istituzionali — dice Federico Benini, Pd — Coi suoi provvedimenti discriminatori Sboarina ha coperto di ridicolo la città». Nel 2017 Verona ha accolto più di un milione di visitatori. Nello stesso anno gli ultrà dell’Hellas festeggiavano inneggiando al Fuhrer. A lanciare i cori, il solito Castellini. Chiede Giulia Siviero di “Non una di meno”: «L’amministrazione si identifica con la squadra di calcio? Perché ci si sente così chiamati in causa come città se a ululare — dicono — sono stati solo alcuni tifosi?». La squadra “a forma di svastica”, la roccaforte, i “butei”. La nuova alba della Verona nera.