Paolo Valentino
Più che un’elezione, una rivoluzione. Sebastian Kurz sbanca il tavolo del voto austriaco, portando la Övp al secondo miglior risultato della sua storia. Al trionfo dell’ex e futuro cancelliere si accompagna una radicale mutazione del paesaggio politico viennese, che vede il crollo dell’estrema destra, un grande successo dei Verdi sul modello dei loro gemelli e suggeritori tedeschi, la conferma di una crisi socialdemocratica, che tuttavia in Austria non acquista dimensioni esistenziali come in Germania. A soli 33 anni, Kurz è certo di formare il suo secondo gabinetto, quattro mesi dopo essere stato costretto alle dimissioni dallo scandalo che in maggio aveva travolto i suoi ex alleati di estrema destra della Fpö. Sarà ancora il più giovane capo di governo al mondo. Ma dalla scelta degli alleati, tutta e solo nelle sue mani, dipenderà il fatto che resti nel solco della sicura continuità austriaca, ovvero passi alla storia come il pioniere di nuovi equilibri politici in Europa, facendo dell’Austria un laboratorio. Le prime proiezioni danno la Övp oltre il 37%, quasi 6 punti in più rispetto al 2017. Solo nel 2002, con l’allora cancelliere Wolfgang Schüssel, i popolari avevano fatto meglio con il 42%. E’ un trionfo che Kurz può intestarsi da solo, con una campagna fortemente personalizzata e carismatica, giocata sulle percezioni più che sui contenuti. La Spö si ferma al 22%, anche se il voto per posta potrebbe regalarle diversi decimali in più. E’ il peggior risultato di sempre per i socialdemocratici e un calo di quasi 5 punti rispetto al 2017. Non è servito il volto nuovo di Pamela Rendi-Wagner, ex ministra della Sanità entrata in politica pochi anni fa. Ma la Spö resta secondo partito ed è uno degli alleati possibili per Kurz. Viene punita severamente la Fpö, che paga gli scandali e le nuove accuse di corruzione sull’ex vice-cancelliere HeinzChristian Strache, l’uomo in canottiera che in una villa di Ibiza prometteva contratti pubblici in cambio di tangenti e favori a una giovane silfide, sedicente figlia di un oligarca russo: l’estrema destra perde 10 punti, passando dal 26% al 16%. Esplodono i Verdi di Werner Kogler, anche grazie alla centralità della difesa del clima in campagna elettorale: esclusi dal Parlamento nel 2017 con il 3,8%, ci tornano in forze con il 14%. E ottengono un buon successo i liberali di Neos, che passano dal 5,3% a poco meno dell’8%. Sul piano dei numeri, Kurz ha ora solo il disagio dell’abbondanza. Avrà «colloqui con tutti», come ha annunciato ieri sera nelle prime dichiarazioni davanti al suo popolo in delirio. Ma l’ipotesi di riformare l’alleanza con la Fpö sembra esclusa, non ultimo perché il segretario generale Harald Vilimsky ha già detto che il posto del partitoèall’opposizione. Resta una Grosse Koalition con i socialdemocratici. Stabile, relativamente facile da negoziare vista la tradizione di precedenti, sarebbe però in conflitto con la narrazione del cambiamento e del nuovo inizio sulla quale Kurz ha costruito il suo personaggio. Non ultima, si staglia la vera novità: l’alleanza a tre con Verdi e Neos, anche se la sorpresa del voto è che la Övp disporrebbe di una piccola maggioranza nel Nationalrat anche alleandosi solo con i Verdi. In entrambi i casi, Kurz aprirebbe una nuova frontiera, ma non sarà semplice. Pragmaticoedel tutto flessibile, o senza principi come accusano i critici, per convincere i Verdi il futuro cancelliere dovrebbe abbandonare in tutto o in parte la sua linea dura sull’immigrazione e le promesse di rendere più snello il generoso welfare asburgico.