Paolo Virtuani
Gli organismi pluricellulari sono nati in ambiente marino. Il mare non solo è stato la culla incubatrice dell’evoluzione che ha portato fino a noi, ma è una fonte straordinaria di energia che non abbiamo ancora imparato a sfruttare. Onde, maree, correnti e differenze di densità (peril contenuto salino e la temperatura) racchiudono un contenuto energetico pari a 2 terawatt(TW), quasi uguale al consumo elettrico annuo di tutto il pianeta, che potrebbe essere impiegato per sostituire i combustibili fossili che producono i gas a effetto serra, principale causa dei cambiamenti climatici in atto. Le onde sono la più grande fonte di energia rinnovabile sottoutilizzata: hanno elevata «densità» energetica, dieci volte più concentrata di quella solareesei volte quella del vento, sono più prevedibili e regolari e sono distribuite in modo uniforme su tutto il pianeta blu. Per sfruttare questo «giacimento nascosto» occorrono però tecnologie avanzate e forti investimenti in ricerca e sviluppo. Eni ha compreso le potenzialità insite nei mari e ha realizzato al largo di Ravenna il primo parco energetico marino, unendo da un lato l’energia ricavata dalle onde e dall’altro quella solare. Si tratta di un’apparecchiatura chiamata Iswec (acronimo inglese che sta per Convertitore inerziale di energia da onde marine). L’idea nasce al Politecnico di Torino e da uno spin-off dell’ateneo piemontese (Wave for Energy). Nel 2014, dopo otto anni di studi ed esperimenti in laboratorio, era stato testato un prototipo a Pantelleria. Nel nuovo progetto Eni ha aggiunto le celle fotovoltaiche e le batterie. «Abbiamo voluto dare a Iswec il nome di culla dell’energia — spiega Vincenzo Michetti, responsabile ricerca upstream di Eni —. Funziona con due giroscopi che convertono l’energia delle onde in elettricità, uniti a pannelli fotovoltaici. Un sistema ibrido inerziale unico al mondo. La sua marcia in più è che capace di adattarsi alle condizioni marine in modo tale da garantire un’elevata efficienza di conversione. Riusciamo perciò a catturare tutta l’energia contenuta nelle onde anche se originate da condizioni marine differenti, per esempio se provengono da direzioni diverse», prosegue Michetti. «Iswec è un sistema di alimentazione adatto per installazioni off-shore di medie e grandi dimensioni. In un prossimo futuro Eni vede questa tecnologia ideale per convertire in poli per la generazione di energie rinnovabili le piattaforme per lo sfruttamento di idrocarburi al largo, ormai giunte al termine del loro ciclo di attività. Nel secondo trimestre del prossimo anno Eni prevede di installare la prima applicazione industriale sulla piattaforma Prezioso, in Sicilia al largo di Gela». La potenza nominale di Iswec è di 50 chilowatt (kW); per funzionare necessita di un’onda di almeno un metro di altezza e durante la fase operativa nei primi mesi in Adriatico ha raggiunto potenze di picco pari al 103% della capacità nominale. La tecnologia, che è stata progettata e realizzata da una filiera italiana al 90%, è ormeggiata con un sistema innovativo progettato da Eni che consente a Iswec di posizionarsi nella direzione dell’onda prevalenteequindi di lavorare sempre al massimo livello di efficienza consentito dalle condizioni del mare. «Iswec non è l’unico sistema adottato da Eni perricavare energia dal mare—aggiunge Michetti —. Sempre in Adriatico è stata infatti testata Powerbuoy, una boa robotizzata e controllata a distanza utilizzata come stazione diricarica per strumenti off-shore con una potenza di 3 kW. A differenza di Iswec, che è un sistema dinamico, Powerbuoyèsistema statico che produce energia con il galleggiamento stesso. Il vantaggio è che può operare con un’onda di soli 30 centimetri». Il riscaldamento e il beneficio Lo sfruttamento dell’energia del mare è uno dei pochi settori che beneficerà del riscaldamento globale. Infatti secondo uno studio di Borja Gonzalez Reguero apparso su Nature Communications il 14 gennaio scorso il riscaldamento degli oceani porterà a un incremento dell’energia delle onde. Il professore dell’Università della California Santa Cruz è stato il primo al mondo a dimostrare che la forza delle onde è aumentata dello 0,4% all’anno a partire dal 1948. È stato riscontrato un aumento dell’altezza delle onde alle latitudini più elevate in entrambi gli emisferi, in particolare durante le tempeste più forti. I progetti per utilizzare le onde nella produzione di energia risalgono a oltre un secolo fa, ma sono sempre stati di portata limitata perché dovevano confrontarsi con un ambiente—quello marino — con condizioni operative molto difficili e al limite della tecnologia disponibile. Inoltre i costi non erano per nulla competitivi. Solo con la prima crisi energetica del 1973-1974 sono stati effettuati studi più approfonditi per trovare soluzioni economicamente sostenibili. Il primo impianto commerciale collegato a una rete elettrica nazionale venne installato nel 2000 a Islay in Scozia con una capacità iniziale di 500 kW (poi dimezzata) e smantellato nel 2012. La prima wave farm al mondo divenne operativa nel 2008 sulla costa atlantica nel nord del Portogallo con una capacità di 2,25 megawatt. Durò due mesi a causa di insormontabili problemi tecnici (e finanziari). Altre installazioni in Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, Danimarca, Stati Uniti e Australia hanno avuto maggiore fortuna e sono tuttora operative. La prima centrale che sfrutta la differenza termica tra acque di superficie e di profondità — che può arrivare fino a 25-28 gradi — è stata inaugurata nel 1996 al largo delle isole Hawaii. Recenti studi indicano in 337 gigawatt (GW) la capacità di energia da onde e maree che potrebbe essere installata entro il 2050 nel mondo, di cui 100 GW in Europa che sarebbero in grado di produrre 350 terawattora (TWh) di elettricità all’anno, pari al 10% della domanda energetica annuale dell’Unione europea. Numeri davvero imponenti. L’Ue a partire dal 2002 ha finanziato con 80 milioni di euro la ricerca e lo sviluppo di tecnologie per la raccolta di energia dal mare e nel 2016 ha adottato una roadmap per questo settore, inserita nella strategia per la riduzione nel 2050 del 90% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. L’energia dal mare, secondo la roadmap europea, potrebbe evitare di immettere nell’atmosfera ogni anno 276 milioni di tonnellate di CO2 e genare valore fino a 53 miliardi di euro all’anno. Visioni di lungo periodo Il mareèdi gran lunga la fonte energetica meno sfruttata. Nel 2018 sono stati installati nel mondo impianti per soli 600 kW di potenza (per il 90% in Europa). I sistemi hanno la massima logica applicativa se vengono realizzati in prossimità delle zone costiere, anche per il fatto che circa il 40% della popolazione mondiale vive a una distanza non superiore a 100 chilometri dalle coste. Nel futuro potrebbero essere dislocate centrali in mezzo agli oceani (che coprono il 71% della superficie terrestre), dove le onde raggiungono le massime altezze. «Eni crede molto nelle potenzialità energetiche offerte dal mare. Ci lavoriamo con intensità mettendo anche a frutto la nostra grande esperienza nell’offshore», conclude Michetti. «Grazie anche alla capacità di gestione e alla modularizzazione dei sistemi ingegneristici complessi, siamo riusciti ad abbassareasoli tre anni, tre volte in meno del normale, i tempi di passaggio da un’idea a una macchina funzionante e operativa. Nel 2020 metteremo nel Mare del Nord un apparecchio di potenza doppia, 100 kW, e tra qualche anno prevediamo l’applicazione su scala industriale su alcune isole italiane minori».