Pino Corrias

Stessa infanzia in famiglie scassate. Stessa polvere di provincia. Stessa età, stessa testa rasata, stesso corpo addestrato in palestra a sollevare il mondo. E stesso sguardo cattivo addestrato a detestarlo. Identiche camerette arredate di croci uncinate, cianfrusaglie naziste, il coltello, la pistola, la solitudine. Per anni seduti davanti allo stesso schermo notturno, a masticare odio razziale e rancore dei perdenti. A immaginare complotti. Immaginare vendette. E finalmente indossarla la vendetta contro il presente, usando la schiuma del passato, le guerre di religione e la superiorità della razza, i mitragliatori e la webcam, trenta minuti di gloria e di sangue. Trenta minuti per sempre. Provate a metterli in fila, questi guerrieri del nulla, che irrompono in un giorno qualunque nelle nostre città, sparano senza fretta, uccidono senza rimorsi, e vi guarderanno dallo stesso specchio con lo stesso abisso davanti, la stessa storia alle spalle. Stephan Balliet è l’ultimo prototipo della serie: 27 anni, due morti appena ammazzati nella cittadina tedesca di Halle, niente padre, qualche lavoro saltuario, poca scuola, nessun amico, la stanza sempre chiusa per non fare entrare la mamma, come i bimbi quando diventano adolescenti. Ebrei o arabi per lui erano “gli stessi scarafaggi” da eliminare. Gli ebrei “la radice di tutti i guai del mondo”. Gli arabi “i nemici mortali”, come ha dettato nel video con cui stava registrando la sua impresa. «Mio figlio è un buono a nulla che ha sempre dato la colpa agli altri» ha tagliato corto il padre, rintracciato dalla polizia, dopo il sangue versato. Identica inquadratura per Luca Traini, 28 anni di Macerata, che il 3 febbraio 2018 provò a fucilare 6 immigrati africani, scovandoli uno a uno per caso mentre girava con la macchina a caccia di prede. Niente padre, niente madre, niente fidanzate, la cameretta a casa della nonna con il computer sempre acceso e il Mein Kampf, la Glock semiautomatica, la bandiera nazista e quella della Lega. Qualche lavoro da manovale. Qualche ingaggio da buttafuori. «Ma litigava sempre» raccontavano quelli che lo vedevano in palestra. Voleva vendicare una ragazza che non conosceva, Pamela, uccisa e fatta a pezzi da un senegalese. Nerissima cronaca che in quei giorni riempiva le prime pagine dei giornali e la sua testa. E che lui voleva svuotare con le esecuzioni casuali di ragazzi immigrati, purché neri, “stessi scarafaggi da eliminare”. Pedine della grande cospirazione che progetta la “sostituzione etnica” e la dissoluzione del mondo dei bianchi. Lui argine a quella dissoluzione, come ha detto ai poliziotti quando si è consegnato avvolto nel tricolore, e salutando con il braccio teso il Monumento ai caduti, già in posa per il selfie. Copione rivisto a diecimila chilometri di distanza, cittadina di Christchurch, Nuova Zelanda, marzo 2019, quando Brenton Tarrant, australiano, 28 anni, rasato, palestrato, assalta due moschee, uccide 49 volte, e lo fa come atto esemplare contro “il genocidio dei bianchi”. Anche lui solitario. Anche lui vendicatore di una vittima mai conosciuta, una bimba morta nell’attacco terroristico di Stoccolma due anni prima. Imbevuto di teorie suprematiste, apprese viaggiando in Bosnia e Croazia. Che prima di iniziare il massacro incide sul caricatore proprio il nome di Luca Traini “il neo-nazi italiano che ha sparato a immigrati africani in Italia”. E dedica un altro caricatore a Anders Breivik, quello della strage nell’isola di Utoya, Norvegia, anno 2011, 69 morti, che lui chiama “cavaliere e giustiziere”. E dice: «Da lui ho tratto vera ispirazione per la mia vendetta». Proprio la stessa vendetta immaginata dall’americano bianco Dylann Roof, che a Charleston, nella Carolina del Sud, anno 2015, uccide 9 afroamericani dentro la chiesa metodista, gridando: «Voi stuprate le nostre donne, dovete sparire!». E al processo dirà: «Volevo iniziare la guerra razziale». Tutti piccolissimi uomini buoni a nulla, ma capaci di tutto. Pericolosi perché senza scrupoli. E senza scrupoli perché convinti di essere accerchiati dal mondo, vittime del mondo. Capaci di estrarre da quelle solitudini la sola competenza che si meritano, quella di cancellare vite per cancellare il mondo di domani. Esistere nel danno. E tramandarlo al prossimo cavaliere del passato.