Roberto Petrini
Rush finale per la presentazione della manovra lunedì prossimo: ma all’appello mancano almeno 2-3 miliardi dalla lotta all’evasione mentre sull’inasprimento delle pene per i grandi evasori il leader Pd Zingaretti dice «sì» al carcere, ma fa capire che tutto va rinviato ad un provvedimento ad hoc. Ieri durante un vertice al ministero dell’Economia con Gualtieri, i sottosegretari e i rappresentanti delle quattro forze della maggioranza, sono stati messi a punto gli ultimi dettagli in vista della stretta conclusiva di domani sera a Palazzo Chigi con Conte. Tre i documenti sul tavolo del governo: la legge di Bilancio con l’articolato che sarà varata “salvo intese” per avere il via libera definitivo il 20-21 ottobre; il Documento programmatico di bilancio, in pratica una sintesi della legge di Bilancio, da inviare entro il 15 a Bruxelles; e il decretone fiscale, per ora a 51 articoli, con le norme antievasione. Nonostante la maratona degli ultimi giorni vanno ancora trovati 2-3 miliardi che mancano al pacchetto antievasione contenuto nel decreto. La cifra di 7 miliardi, sulla quale hanno già espresso dubbi Bankitalia e Corte dei conti, è difficilmente raggiungibile: un paio di miliardi erano fisiologici nello schema originario, 3,3 arrivano dal decreto fiscale come è uscito nei giorni scorsi, mancano dunque un paio di miliardi. Si lavora anche sul fronte delle spese e delle tax expenditures. L’idea è quella di tagliare le attuali detrazioni al 19% in modo decrescente a partire dal prossimo anno. La riduzione comincerebbe intorno a quota 100 mila euro e proseguirebbe fino all’azzeramento per redditi oltre i 200 mila. Esclusi gli sgravi sui mutui casa. Trovano conferma anche gli interventi per incentivare la moneta elettronica: il primo prevede sconti sull’Iva per chi paga con carte di credito o Bancomat, naturalmente senza gli aumenti dell’Iva previsti in precedenza; l’altro intervento riguarderebbe invece l’inserimento di un tetto ai pagamenti in contante, scendendo dagli attuali 3.000 a 1.000 euro. Non è ancora escluso, vista la posizione del Tesoro, un intervento di rimodulazione delle aliquote Iva ma a gettito zero. Nella ricerca spasmodica di risorse ieri è il Tesoro ha presentato l’ipotesi di una tassa sulle Sim card per l’utenza business in grado di dare un gettito di 600 milioni. Ma la nuova tassa ha subito incontrato l’opposizione dei Cinque Stelle che attraverso la viceministra dell’Economia Laura Castelli hanno bloccato l’operazione: «Ferma contrarietà». Via libera invece alla Web tax sul modello francese che non si discosta molto dal sistema varato per il 2019, ma rimasto disatteso dal vecchio governo gialloverde. Previsto un pagamento del 3% sui ricavi per chi supera i 750 milioni globali. Sembra comporsi inoltre la questione dell’assegno unico per le famiglie: su proposta del viceministro dell’Economia Misiani si collocheranno tutte le risorse attualmente destinate ai figli, ora comprese in una decina di strumenti, in un unico fondo che non sarà però in manovra, ma sarà attivato con un provvedimento successivo. Lo stesso si farà con i 2,5 miliardi del cuneo fiscale che saranno inseriti in un fondo e attivati con provvedimento successivo. Uno schema simile a quello messo in campo lo scorso anno per reddito di cittadinanza e quota 100 (per la quale non è escluso un intervento sulle finestre).