Rory Cappelli

Milioni di euro che ogni anno, dall’Italia, si muovono sotto traccia, vengono inghiottiti nelle stive degli aerei, imbarcati sulle navi, stipati sui treni. Per poi scomparire nel nulla. Evasione o riciclaggio, tutto questo denaro in un flusso costante, enorme e inarrestabile, riappare dall’altra parte del mondo, per lo più, spiegano gli investigatori, in Asia o nei Paesi arabi. E ieri un maxi-sequestro: tre milioni di euro trovati in mazzette tenute insieme da elastici, alcune avvolte in carta di giornale, in altrettante valigie imbarcate all’aeroporto di Fiumicino. Un milione di euro a bagaglio, ormai stivati sul volo con il rischio di smarrimento (o magari furto) nell’aeroporto di scalo, «con assoluta noncuranza nonostante l’ingente somma che forse denota dimestichezza con il tipo di operazione» spiegano gli investigatori. Un fiume di denaro in banconote da 500, 200, 100, 50 e anche 20 euro, imbarcato da tre cinesi — due viaggiavano in coppia, l’altro solo — di cui il fisco e la dogana non sapevano assolutamente niente. I cinesi stavano per raggiungere Hong Kong: due di loro con scalo a Dubai, l’altro con scalo a Istanbul. Guardia di Finanza e dogana controllano il traffico passeggeri soprattutto verso queste aree del mondo, ritenute a rischio, anche se è più facile che i “corrieri”, piuttosto che voli con fermate in cui le valigie rischiano appunto di perdersi, preferiscano voli diretti. I tre uomini erano finiti nel mirino per i viaggi sospetti, sempre sulle stesse tratte — tra Roma e numerose città della Cina come Shanghai, Pechino, Guangzhōu — dell’ultimo mese: quattro o cinque. Un po’ troppi per soggetti nullatenenti o quasi. Quando si sono accorti che le stesse persone stavano per volare a Hong Kong che è una regione amministrativa speciale della Cina, ma anche un paradiso per lo smistamento dei capitali stante l’alto numero di società e banche, molte delle quali americane, li hanno bloccati. Hanno chiesto spiegazioni sui continui voli: «Non so», è stata la lapidaria risposta. E così i tre sono stati denunciati a piede libero per sospetto riciclaggio — sono già ripartiti alla volta della Cina — mentre i tre milioni sono stati sequestrati. Il caso è seguito dal pm Mirko Piloni della procura di Civitavecchia: si cercherà di ricostruire la provenienza del “malloppo” e di legarlo a una qualche attività. Che potrebbe essere di “semplice” evasione fiscale o di più complessa criminalità organizzata: sfruttamento della manodopera, anche di minori, contraffazione, droga e prostituzione in testa. Che la criminalità cinese stia avvolgendo nelle sue tentacolari spire — dopo aver quasi soffocato il resto dei Paesi asiatici — anche l’Europa, oltre, per dire, l’Africa o gli Stati Uniti, non è certo una novità. Non a caso Piero Grasso quando ormai 10 anni fa era procuratore nazionale antimafia lanciò l’allarme: «La potenza economico-commerciale della Cina sta divenendo un fenomeno geopolitico che influenzerà la criminalità organizzata nei prossimi anni».