Salvo Palazzolo

La solitudine di Giovanni Falcone è una storia senza fine. Ora, dagli archivi della Commissione parlamentare antimafia spuntano fuori altre carte e nuovi dettagli che spostano ancora più in basso il baratro in cui era precipitato il giudice che indagava sui misteri di Palermo. Nel 1989 — tre anni prima di essere ucciso (dalla mafia, e da chi altri?) — all’Antimafia sembrava essere finito lui sul banco degli imputati. Per il ritorno in Sicilia del pentito Totuccio Contorno dagli Stati Uniti, sospettato di essere un killer di Stato, come suggerivano le lettere anonime del Corvo di palazzo di giustizia. L’allora deputato del Pci Luciano Violante incalzava Contorno: «È stato interrogato dal dottore Falcone o ha visto il dottore Falcone nel periodo in cui era in Italia?». Risposta del pentito, che si può leggere nel verbale del 9 agosto pubblicato sul sito della commissione oggi presieduta da Nicola Morra: «Andavo spesso alla Criminalpol, l’ho incontrato al bar con un paio di altri magistrati». Violante insisteva: «Io ho fatto un’altra domanda. Lei è stato interrogato dal giudice Falcone?». Contorno: «Non ricordo, perché sono venuti diversi giudici». Un fuoco di fila di domande. Tutte su Falcone, che a quel punto davvero appariva come il sospettato numero uno. Il verde Gianni Lanzinger: «Contorno, poco fa lei affermava di essersi incontrato con Falcone al bar. Si ricorda cosa vi siete detti?». Risposta: «Era un bar all’interno della Criminalpol, ero andato in caserma perché avevo bisogno di un dentista e non avevo né soldi, né assistenza sanitaria per cercarmene uno». Un incontro per caso, un episodio banale, che però quel giorno diventò presto un altro sospetto contro Falcone. «Vi siete solo salutati?», chiese il deputato. Risposta del pentito: «Sì». Anche Franco Corleone, dei Verdi arcobaleno, insisteva: «È stato interrogato dal dottore Falcone, oltre che vederlo al bar?». Contorno: «Quando?». Corleone: «Non lo so, chiedo a lei… perché a noi risulta che ci sia stato l’interrogatorio». Il verbale che adesso viene pubblicato è un crescendo. Dopo Contorno, è il turno di Gianni De Gennaro, anima della Criminalpol, stretto collaboratore di Falcone: a torchiarlo ci pensa il deputato socialista Salvo Andò. Chiede: «Lei aveva parlato col giudice del ritorno di Contorno?». Il poliziotto chiarisce che «Falcone lo ha anche interrogato il pentito, nel mio ufficio». E che non c’era alcun mistero in quel ritorno in Italia del collaboratore, che lamentava di non avere l’assistenza necessaria negli Stati Uniti. «Falcone lo ha interrogato tante volte, forse per questo non ricorda». Violante però insisteva: «Ci è risultato strano che Contorno, che su tante cose è preciso, non ricordi di essere stato interrogato». Poi, l’affondo: «Bisogna capire se Contorno è stato in quel periodo fonte informativa consapevole, se è stato lì per acquisire notizie e passarle a qualcuno. È accaduto questo?». Risposta netta di De Gennaro: «Ho già detto di no». Commenta Roberto Tartaglia, l’ex pm del processo Trattativa che da consulente dell’Antimafia sta curando la desecretazione di tanti atti: «Questi verbali fanno emergere in modo drammatico che la vicenda Contorno venne usata strumentalmente per isolare Falcone e per colpire investigatori come De Gennaro». All’epoca, poi l’Antimafia — presieduta da Gerardo Chiaramonte — chiuse il caso. Ma, intanto, il tam tam dei sospetti alimentato dal Corvo, aveva reso ancora più solo Giovanni Falcone. A Palermo, c’era chi sussurrava che l’attentato all’Addaura l’avesse organizzato addirittura lui, per fare carriera. A Palazzo San Macuto non si occuparono mai di quella bomba non esplosa per un caso, e ancora oggi non sappiamo chi la piazzò. Di sicuro, il 1989 è l’anno in cui Falcone cominciò a morire.