Stefano Folli
Comunque vada a finire la drammatica vicenda dell’Ilva di Taranto, la sconfitta del governo Conte è già evidente, con esiti finali non tutti prevedibili. Può darsi che si riesca a tirare per la coda gli investitori in fuga di ArcelorMittal, magari attraverso un decreto che dia loro quello che chiedono — in primo luogo il famoso scudo legale — ma al pasticcio non si pone rimedio facilmente. È venuta in superficie l’assenza di un’anima nella maggioranza: Pd e Cinque Stelle procedono alla cieca, senza essere uniti da un vero vincolo politico, ma solo da un calcolo di convenienza. Se manca l’anima, si perde anche quel tanto di coesione che è dato dal perseguire obiettivi comuni, o almeno convergenti. Si chiama intesa politica e presuppone una visione almeno in parte complementare del futuro del Paese. A cominciare dai temi della crescita economica e del loro risvolto sociale. Viceversa si è ricreato con il Conte-2 una sorta di “contratto” simile, se non analogo, a quello che aveva trascinato a fondo il Conte-1. La differenza è che nel precedente governo i Cinque Stelle, condizionati e spesso schiacciati dalla personalità di Salvini, incontravano maggiori difficoltà ad affermare le loro priorità: al di là, s’intende, del reddito di cittadinanza, la legge bandiera, simbolo dell’idea neo-assistenziale che il partito di Di Maio persegue e che a Pomigliano d’Arco, il paese del ministro degli Esteri, ha prodotto migliaia di sovvenzioni e nessuna offerta d’impiego. Con l’alleanza a sinistra sembra che il Movimento riesca meglio di prima a far valere i suoi principi, soprattutto grazie alla scelta fatta dal Pd di assecondare il partner persino oltre il ragionevole (vedi il taglio dei parlamentari senza garanzie). Ne deriva che il caso Ilva è anche l’immagine di tale connubio: rinvii, incertezze, contraddizioni e infine la sottovalutazione del rapporto con l’acquirente straniero. In una parola, un esempio di inadeguatezza da parte dei 5S, incapaci una volta di più di esprimere una classe dirigente, ma al tempo stesso la prova che il Pd si è reso trasparente. «Un capolavoro di incompetenza e di pavidità politica: una bomba ambientale che si unisce a una bomba sociale»: così definisce il disastro Marco Bentivogli della Cisl ed è difficile dargli torto. E ciò non vale solo per l’acciaio, che è il caso del giorno. Basta vedere la tragicommedia della legge di bilancio per capire che il contratto su cui si regge il Conte-2 non è meno autolesionista del precedente: per cui l’unico che può fregarsi le mani, con il cinismo che non gli manca, è Salvini, al quale ogni giorno la maggioranza apre un’autostrada. Il massimalismo dei Cinque Stelle unito alla rinuncia a ogni vocazione riformista da parte del Pd: la miscela è esplosiva, considerando che l’opposizione si fonda sul populismo leghista e che sullo sfondo si agita l’astuzia fine a se stessa del renzismo. Un tempo si sarebbe detto che l’Europa ci osserva con preoccupazione, ma oggi anche questo sarebbe improprio. La Commissione von der Leyen non riesce nemmeno a formarsi e l’intervista a questo giornale della vicepresidente Vestager ha ben illustrato la debolezza in cui si trova l’Unione. La stabilità italiana è sempre stata un valore, ma oggi abbiamo un governo precario e di fatto instabile, paralizzato dalla paura del voto in uno scenario europeo altrettanto incerto.