Stefano Folli

Cosa insegna all’Italia il risultato del voto austriaco? Intanto che il cancelliere Kurz, un democristiano conservatore ben strutturato, l’ha avuta vinta sull’estrema destra, grazie anche al noto scandalo che ha stroncato il leader di questa formazione, mentre i Socialdemocratici proseguono nel loro declino, come a Berlino. Chi trae vantaggio dal sommovimento è il partito ecologista e in misura minore i Liberali. Non a caso, al 9 per cento perso dalla destra nazionalista fa riscontro l’8 per cento circa guadagnato dai Verdi. Proprio come in Germania: quando l’estrema destra va male — in quel caso l’AfD — e la socialdemocrazia si spegne, si affermano gli ecologisti. Nel mondo di lingua tedesca è questo il dato di fondo che le elezioni hanno confermato. Si tratta di tendenze parallele: da un lato la caduta delle destre radicali e dei Socialdemocratici (in misura e per ragioni ovviamente diverse); dall’altro la tenuta o l’avanzata dei Popolari e la crescita sorprendente dei Verdi. Si ridisegna la geografia politica, ma la sinistra classica è comunque sconfitta: sul piano elettorale prevalgono i conservatori, depurati dell’ultradestra, mentre il tramonto della socialdemocrazia è compensato solo in parte dall’ecologismo, la cui natura trasversale resta ancora da decifrare. L’Italia sfugge a tale logica. Da noi non esiste un movimento “verde” in grado di presentarsi con successo alle elezioni: il partitino che un tempo vivacchiava si è estinto nelle manovre di palazzo. Gli stessi scioperi contro il riscaldamento climatico non sembrano preludere per ora a un’iniziativa politica ispirata all’ecologia. Il fenomeno dei Cinquestelle è stato invece tipicamente italiano, ma non c’entra nulla con l’ondata verde nell’Europa del nord. Per cui, alla fine del 2019 e alla luce di quello che sta avvenendo, si possono fissare alcuni punti. In primo luogo, l’Austria dimostra che le elezioni sono salutari e si dimostrano in grado di sciogliere nodi altrimenti insolubili. Al passo falso del partito nazionalista non si è risposto a Vienna con una coalizione tra centrodestra e centrosinistra, bensì con il ritorno alle urne. E i risultati sono chiari. Secondo punto, in Italia manca un partito popolarconservatore sul modello di Kurz o Angela Merkel. I Popolari nostrani sono minoranza rispetto alla destra “sovranista” di Salvini-Meloni. Berlusconi insiste nel considerarsi il garante europeo di questa coalizione, ma i rapporti di forza dicono altro. Terzo, la sconfitta dei nazionalisti austriaci dovrebbe suggerire qualcosa a Salvini: almeno una revisione del messaggio e dei temi prediletti. Peraltro la Lega è di estrema destra nella visione ideologica del suo capo, non lo è nel pragmatismo con cui amministra numerose regioni del nord, a cominciare dal Veneto di Zaia: una contraddizione che prima o poi dovrà essere sanata. Da ultimo, la crisi dei socialdemocratici assomiglia a quella del Pd. Qui la risposta è l’alleanza con i 5S, un movimento massimalista (giustizia, taglio dei parlamentari, eccetera) che rischia di imporre le sue priorità. La scissione di Renzi è un’incognita: perché prenda forma un movimento liberale come in Germania e Austria occorrono condizioni che non si vedono. Intanto andrà verificato se “Italia Viva” è in grado di strappare un po’ di elettori a Forza Italia: al momento anche questo è dubbio.