Stefano Mannucci

La Storia gli ha morso più volte i polpacci. Come il 2 agosto 1980, il giorno della strage di Bologna. Caro Guccini, la sera prima avrebbe dovuto cantare a Imola. Ma una raucedine lo indusse ad annullare il concerto. Rientrò in anticipo a Pavana. Altrimenti sarebbe passato per la stazione di Bologna. Sì, ma nel pomeriggio. Quando scoppiò la bomba era presto per le mie abitudini. Mio fratello Pietro lavorava alle Poste, proprio lì. Chiamò casa per dire che era successo un macello, ma stava bene. A Pavana lei, Francesco, vive ancora oggi. Vi si rifugiò durante la guerra, da bamb i n o. Avevo quattro anni quando in paese arrivarono gli alleati. I miei nonni mangiavano pasta, io mi univo agli americani nella loro mensa. Disponevano di novità incredibili: burro di arachidi, Coca-Cola, ananas in scatola. Mi regalarono un giubbotto con i gradi da sergente, secoli prima che adottassi l’eskimo. La riempivano di doni. A Natale del ’44 i soldati Usa organizzarono una festa per i più piccini. Sgranai gli occhi davanti a questo signore con il vestito rosso e la barba che faceva ‘oh-oh’. Da noi non esisteva Santa Claus. E nel febbraio ’45 alle truppe furono recapitate cartoline di San Valentino. Nessuno lo aveva mai celebrato, prima. Cominciò lì la mia americanizzazione. Ma suo zio Enrico era già andato nel Nuovo Mondo a fare il minatore. Gli ispirò “Am e r i go”. Non fu lui a farmi amare la musica del dopoguerra. Però Enrico ne aveva fatta di strada…. La sua famiglia si è invece insediata per secoli a Pàvana. Nella copertina di “R ad ic i ” ci sono due foto generazionali davanti alla “c asa sul confine dei ricordi”. Quella del bisnonno Francesco con i cari, e la sua, scattata cinquant’anni fa. Il bisnonno era diventato capofamiglia a 17 anni, prendendosi cura del mulino. La zia ritratta sul lato destro andava a fare le cure per l’artrite ad Abano. Con quel vestito che voleva essere elegante ma non lo era. Poverissimi, eppure dignitosi tutti loro. Un mondo in estinzione, quello contadino, che lei rimpiange nel suo ultimo libro “Tra l u m m e s c u ro”. L’Appennino che sta morendo. Non c’è ricambio umano, Pavana si va spopolando. Il mulino non lavora più. E le rive del Limentra, una volta, d’estate erano piene di ragazzi. Ora non ci va più nessuno. Il fiume scorre deserto e tranquillo, mentre d’inverno è minaccioso e sfiora la mia casa. Io ne sento la voce: chi non è abituato non riesce a dormire. Se ne sta rintanato a scrivere, la chitarra non la prende più. Ho smesso anni fa dopo L’U ltima Thule, ora non saprei suonare. Scrivere è piacevole, non devi preoccuparti se hai un calo di voce prima di un concerto. Il primo romanzo è dell’89. Avevo acquistato un computer e finalmente non perdevo idee scribacchiate qui e là, restava tutto lì dentro. È quel che voglio continuare a fare. A giorni incontro Loriano Machiavelli per buttar giù il nostro nono giallo. L’anno scorso Vecchioni la stanò per un duetto. Potrebbe accadere ancora? Accettai volentieri ma no, ho detto basta. La gente mi chiede delle canzoni più che dei libri, e un po’ mi dispiace. Oggi lei sarà al Festival Imagin action di Ravenna, dove in questo weekend ci sono ospiti come Trevor Horn, Venditti, Pelù, Zampaglione, Amoroso, Nek. Il Movimento Collettivo ha realizzato un video inedito pieno di sorprese, un “capolavoro immagin ato” della sua “L’Av vel enata”. Di video veri non ne ho mai fatti, è una prima volta. Sono in trepida attesa. Torniamo a tuffarci nel tempo: nel ’60 lei, giovane cronista della “Gazzetta di Modena” fu mandato a intervistare il divo Modugno a teat ro. Ricordo poco di quell’incontro, tranne che scrissi un articolo da ventenne pretenzioso e superficiale. Mi fecero un titolo sulla passione di Modugno per le Ferrari. Non nacque lì la mia voglia di fare il cantautore, anche se subito dopo scrissi L’Antisociale. Aspiravo a realizzarmi come giornalista e scrittore. Invece poco dopo andò a infilarsi all’Osteria delle Dame. Ci son tornato due anni fa per la nuova apertura e mi sono commosso ripensando a quegli anni irrimediabilmente perduti. Che serate, alle Dame con Da l l a . In realtà Lucio ci cantò raramente. I nostri incontri erano alla trattoria Da Vito, all’angolo con via Paolo Fabbri. Ma anche lì, ci fu una session una sola sera: per la tv, io Dalla e Vecchioni su Porta Romana. Si è favoleggiato su un fertile cenacolo di artisti e aspiranti tali, ma io da Vito giocavo a carte, altro che cantare!