Tommaso Ciriaco

La tegola giudiziaria arrivata da Genova rimaterializza in Borsa l’incubo del ritiro delle concessioni autostradali ai Benetton — tema delicatissimo sul fronte dei rapporti Pd-M5s — e affonda il titolo Atlantia: le azioni del gruppo hanno perso a Piazza Affari quasi l’8%, bruciando in una seduta 1,6 miliardi di valore. Le misure interdittive chieste dai pm per nove manager del gruppo — accusati di aver compilato rapporti “ammorbiditi” sullo stato di alcuni viadotti in gestione — hanno mandato in frantumi, almeno in apparenza, il delicatissimo compromesso che sembrava essere stato raggiunto tra i Dem e i grillini per la gestione di questa partita: quella «progressiva revisione delle concessioni» anticipata dal premier nel discorso sulla fiducia al governo che pareva escludere un loro ritiro tout court. I pentastellati però, appena le agenzie di stampa hanno battuto la notizia, sono tornati all’attacco: «Se proponiamo un provvedimento così soft, io non sono più in grado di garantire la tenuta del movimento», ha fatto sapere informalmente Luigi Di Maio al presidente del consiglio Giuseppe Conte. Una posizione puntellata subito dagli affondo dei “falchi” grillini: «Chi ha causato la morte di 43 persone non può continuare a gestire le nostre strade — ha detto il neo-viceministro alle infrastrutture Giancarlo Cancelleri — . L’imperativo è proseguire sul percorso tracciato dall’ex ministro Toninelli, ossia quello della revoca delle concessioni ai Benetton». Il cerino è tornato così in mano a Conte che già nel pomeriggio di ieri era al lavoro per disinnescare il dossier Autostrade, uno dei primi seri ostacoli del nuovo esecutivo giallorosso, con l’obiettivo di arrivare a una proposta in tempi stretti. L’idea che starebbe prendendo forma in queste ore sarebbe quella di togliere ai Benetton la gestione della A10, la tratta ligure del viadotto Polcevera. Una soluzione di compromesso che consentirebbe a Di Maio di presentare uno scalpo al proprio elettorato, potrebbe convincere anche il Pd — dove sul tema convivono posizioni molto differenti — e in fondo potrebbe rappresentare anche per Atlantia il male minore. La A10 Genova-Ventimiglia rappresenta in fondo solo una goccia nell’impero autostradale del gruppo: 158 km. di asfalto sui 3.020 gestiti da Autostrade per l’Italia. Una tratta breve che ha generato nel 2018 solo 158 milioni di ricavi (sui 4 miliardi complessivi) e un utile di 35 milioni. Briciole rispetto ai 622 milioni messi assieme dalla rete tricolore di Ponzano Veneto. La holding dei Benetton per ora non commenta queste indiscrezioni e in passato ha minacciato cause miliardarie contro chiunque avesse provato a toglierle anche un solo chilometro di autostrada in anticipo rispetto alla scadenza dei contratti. Il cda della società ha deciso invece di avviare subito un’indagine interna sui fatti emersi dall’inchiesta ligure, affidandola a una società internazionale. Obiettivo: verificare la corretta applicazione delle procedure aziendali da parte delle società e delle persone coinvolte. I provvedimenti del tribunale di Genova è stato ieri una sorta di fulmine a ciel sereno per i Benetton, convinti su questo fronte di essersi lasciati ormai il peggio alle spalle. In parte grazie al ramoscello d’ulivo teso alla politica con l’intervento per salvare Alitalia ma soprattutto in virtù della mediazione di Conte che si era già speso anche all’epoca del governo gialloverde per evitare provvedimenti draconiani sulle concessioni. Le autostrade rappresentano oggi la quasi totalità dei profitti delle casseforti della famiglia veneta. E malgrado la tragedia del ponte Morandi (costata finora in bilancio oltre 500 milioni tra cause legali, abbattimento del ponte e risarcimenti), Atlantia ha continuato a macinare utili, staccando 740 milioni di dividendi anche nel 2018. Il titolo, dopo essere scivolato del 25% nei giorni immediatamente successivi al crollo del viadotto, aveva ormai recuperato quasi tutto il terreno perduto, prima della nuova retromarcia di ieri che ha ridotto il valore della società a poco più di 18 miliardi.