Tommaso Rodano

Triste, solitario y final, al povero Air Force Renzi non rimane più nemmeno l’etichetta dell’aereo di Stato. È l’ultima novità, nella malinconica degenza del velivolo più inutile del mondo: la grande scritta “Repubblica Italiana” e la bandiera tricolore che adornavano i suoi fianchi sono state rimosse. Il mastodontico corpaccione di metallo bianco adesso è completamente spoglio, se si fa eccezione per le due strisce blu zigrinate che lo attraversano sulla fusoliera e le coperture rosse sulle gondole dei motori. È abbandonato da settimane all’aperto, immobile, “al prato” come si dice nel gergo degli addetti ai lavori (anche se non c’è un filo d’erba sull’asfalto degli hangar di Alitalia a Fiumicino). Non ci si cura più nemmeno di fingere di proteggerlo dalle intemperie, né di credere che prima o poi possa tornare a volare: il costosissimo Airbus A340-500, preso in leasing da Etihad, è stato ceduto a titolo definitivo alla ruggine, che ha già aggredito le ali e minato il suo baricentro e il suo equilibrio. PRIMA, certi giorni, si poteva ancora scorgere il suo profilo dalla strada. Se si seguiva la via che parte da piazza Almerico da Schio, quella che ospita l’enorme Palazzina Bravo che ospita gli uffici della compagnia, ci si poteva fermare a scrutare gli aerei parcheggiati al di là delle reti, fuori dagli hangar, per qualche servizio di manutenzione. Tra di loro, spesso c’era proprio lui, l’Air Force Renzi, anche se non aveva nessuna riparazione da compiere: era buttato lì perché non si sapeva dove metterlo altrimenti. Le sue giornate erano scandite da un tragicomico balletto: il velivolo veniva spostato da una parte all’al – tra. Un aviorimessa, poi in un’altra, poi un’altra ancora; poi all’aperto, poi di nuovo al chiuso. Per un periodo è stato tenuto in un hangar che era dedicato ai mastodontici Boeing 747 (che la compagnia di bandiera non ha più da tempo): in quel caso l’Air Force Renzi rimaneva completamente al riparo. Altre volte veniva trasferito in un altro hangar di dimensioni ridotte, proprio vicino alla piazza degli uffici Alitalia. Lì però l’Airbus A340 arruolato dall’ex premier non poteva essere contenuto per intero: la coda e una parte della fusoliera rimanevano fuori, impudicamente esposte agli occhi dei passanti. Su e giù, a destra e sinistra, da un hangar all’altro, trainato all’indietro con un trattorino di servizio per qualche decina di metri in push back, la retromarcia dei velivoli. La vita dell’“Air Force Renzi” è stata tutta in queste tristi, umilianti passeggiate, come un anziano scortato ai giardinetti da un parente senza amore o riconoscenza. ORA NEMMENO più quello: da qualche settimana l’Air Force Renzi è “al prato”. Abbandonato a se stesso, all’aperto, da giorni e giorni: di lui semplicemente non si cura più nessuno. Cosa ci si fa con un tale enorme, ingombrante ammasso di metallo? Una volta risolto il contenzioso Etihad-Alitalia, lo si potrebbe forse smembrare per rivenderne i pezzi sul mercato – “ca n n ib a li z z ar l o ”, nel gergo di Fiumicino – ma la verità è che l’Air Force Renzi è figlio unico di madre vedova: è l’ul – timo aereo della sua specie. Nemmeno le sue spoglie hanno mercato. È completamente inutile.