Valentina Conte Manovra

Vigilia di manovra ad alta tensione. Il governo arriva all’appuntamento con la legge di bilancio da 29 miliardi – oggi previsto un vertice, domani il consiglio dei ministri – a mani quasi vuote. Se l’obiettivo era sterilizzare il carico da 23 miliardi di maggiore Iva e accise sui carburanti pronto a riversarsi sugli italiani dall’1 gennaio 2020, quell’obiettivo viene centrato. Facendo ancora deficit – e confidando nel permesso dell’Europa di farlo – e sperando di recuperare ben 7 miliardi dall’evasione, vedremo come. Per il resto, buio fitto. Anzi, sui tre principali capitoli – famiglia, lavoro e pensioni – avanzano i distinguo all’interno della maggioranza e nello stesso Pd, spaccato. Famiglia L’assegno unico per ogni figlio è stato ufficialmente rimandato a data da destinarsi dal viceministro Pd all’Economia Antonio Misiani, in attesa di un riordino nel triennio degli incentivi esistenti. Ma una parte del Pd vuole agire subito, già nel 2020, approvando entro fine anno la legge delega (il ddl Lepri) e predisponendo un fondo ad hoc in manovra. «Se non lo fa il governo ci penserà il Parlamento», incalza il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio. Ieri anche il capo del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio è uscito dal cono di silenzio su questa materia: «In manovra bisogna inserire anche l’assegno unico». Facendo capire che se domani la legge di bilancio ne sarà priva, M5S è pronto a rilanciare con gli emendamenti durante l’iter parlamentare della finanziaria. Anche l’idea – contenuta sempre nel ddl Lepri – di partire a metà 2020 con la “dote servizi” sarebbe stata respinta dal ministero dell’Economia. La proposta di una “carta bimbi” – rielaborata dal senatore Pd Tommaso Nannicini – prevede di erogare 400 euro al mese alle famiglie con figli fino a 3 anni di età per asili nido, baby sitter o altre spese. Con un limite di reddito misurato dall’Isee non troppo basso, così da lasciare fuori solo il 10-15% delle famiglie più ricche. Una misura da coprire con i 2 miliardi esistenti, ora dispersi tra bonus vari. Lavoro I sindacati attendono di essere riconvocati dal governo quest’oggi. Giovedì il tavolo è stato sospeso perché i 2,6 miliardi destinati al taglio del cuneo fiscale – ovvero del costo del lavoro – vengono considerati da Cgil, Cisl e Uil troppo risicati. Si attende poi una risposta alla proposta di defiscalizzare al 10% l’aumento salariale disposto dai contratti nazionali che dovranno essere rinnovati nel 2020 per 12 milioni di lavoratori. Al momento però il governo è orientato al “bonus vacanza”. Erogare cioè a quanti oggi prendono gli 80 euro – circa 10 milioni di lavoratori dipendenti con reddito annuo tra 8 mila e 26 mila euro lordi – l’una tantum a luglio da 240 euro nel 2020 (20 euro al mese) e 500 euro nel 2021 (circa 40 euro al mese). Verrebbe cioè premiata la stessa platea del bonus Renzi, lasciando fuori autonomi, incapienti, ceto medio. Pensioni Al tavolo di giovedì i sindacati hanno chiesto al governo di battere un colpo anche nei confronti dei pensionati. L’ottimo sarebbe tornare al calcolo Prodi per una rivalutazione più generosa all’inflazione degli assegni sopra i 1.539 euro al mese. Impossibile viste le risorse risicate. Il taglio voluto da Lega e Cinque Stelle dura tre anni e vale 3,6 miliardi. Il governo (quota Pd) mette sul piatto al massimo 600 milioni che vorrebbe ricavare allungando le finestre (il tempo tra la domanda per la pensione anticipata e la sua erogazione) a chi vuole accedere a quota 100. Ma che si tradurrebbero in pochi euro per i pensionati. Ecco allora l’idea di ampliare di un milione la platea di quanti oggi ricevono la quattordicesima (3,5 milioni di pensionati). Tutto però è sospeso perché i tecnici Inps dicono che con le finestre si ricava molto meno dei 600 milioni nel 2020 e 1 miliardo nel 2021 ipotizzato. La ministra M5S del Lavoro Nunzia Catalfo poi non vuole che sia toccata quota 100. Anche qui tutto in alto mare.