Valentina Conte Nannicini

«Sulla famiglia siamo passati da “vorrei, ma non posso” a “potrei, ma non voglio”. Questa manovra più che ostaggio della clausola del Papeete rischia di restare intrappolata nella clausola di don Abbondio». L’economista e senatore del Pd Tommaso Nannicini non nasconde la delusione per la prossima legge di bilancio. Perché don Abbondio? «La maggioranza dovrebbe mostrare più coraggio, indicare una visione. Si fa fatica a mettere a fuoco le priorità. Di quella gialloverde capivi che si batteva per i poveri e le pensioni facili, anche se con modalità sbagliate e investendoci una valanga di risorse. Ma questa?». Il Pd si spacca sulla famiglia. Non è incredibile? «Più dei litigi mi spaventano i tatticismi. La corsa a mettere bandierine. Dopo un lungo percorso iniziato con il disegno di legge di Stefano Lepri nella scorsa legislatura, la proposta di fare un assegno unico per figlio è diventata patrimonio comune non solo della politica, ma anche delle associazioni delle famiglie, all’inizio orientate sul quoziente familiare. Ora che è venuto il momento di passare dalle parole ai fatti, perché trasformarla da punto di forza a freno?». Chi è che rema contro? Renzi? «Non credo. Sull’Iva si è fatto sentire. Non mi sembra uno che le manda a dire. Sulla famiglia penso che siamo tutti d’accordo». Le risorse bastano? «Si può iniziare con quelle già individuate per famiglia e asili, recuperando pure i mille bonus, per creare già in questa manovra un fondo per l’assegno unico collegato alla legge delega che stiamo discutendo alla Camera. Nell’estate del 2020 possiamo partire con la “carta bimbi” e dare 400 euro al mese a figlio fino a tre anni. Nel frattempo facciamo i decreti delegati e dal primo gennaio 2021 via con l’assegno unico. Si può fare in due leggi di bilancio non nel medio periodo che sa molto di calende greche». Perché il ministero dell’Economia dice di no allora? «Il ministro Gualtieri sta lavorando alla grande, tra tanti vincoli finanziari e politici. Il freno non è lui, ma la difficoltà della maggioranza a fare sintesi. Quando avviene, l’inerzia prende il sopravvento. E allora scompaiono le riforme e tornano i piani, tra l’altro sottodimensionati: piano casa, piano asili… Così non va. Le riforme non nascono sotto i funghi, ma da un percorso lungo di dialogo sociale. In una notte inventi i bonus, non le riforme. Sulla famiglia il percorso l’abbiamo fatto insieme in questi anni. Scordarselo mi sembra poco coraggioso». Ora anche Di Maio chiede l’assegno unico in manovra. «Un’apertura molto positiva. A questo punto facciamolo. C’è una proposta chiara in Parlamento: lavoriamo per realizzarla. Facciamo partire prima possibile l’assegno unico per superare un sistema poco generoso e iniquo che divide le famiglie in serie A e B, visto che gli assegni familiari non vanno agli autonomi, come le detrazioni agli incapienti». E che fine fa l’annunciato Family Act di Elena Bonetti, la ministra renziana della Famiglia? «I nodi della famiglia sono tanti: congedi, conciliazione vita-lavoro, parità salariale uomo-donna, tema questo ripreso da una proposta di legge innovativa di Chiara Gribaudo. L’assegno unico è solo uno degli ingredienti per una terapia shock che rilanci natalità e occupazione femminile. Dico di più: se vogliamo davvero rimettere in moto il Paese, concentriamo le risorse previste per il taglio del cuneo sull’occupazione di donne e giovani, anziché disperderle su platee troppo ampie».