Valerio De Molli

L’ Italia è un Paese ancora fortemente (troppo) dipendente dal contante, in cui solamente il 23% delle transazioni avviene con strumenti di pagamento cashless. Inoltre, la cash intensity misurata da The European House – Ambrosetti come l’incidenza del contante sul Pil nazionale ha addirittura registrato un peggioramento nell’ultimo anno (da 11,8% a 11,6%), confermando la posizione del nostro Paese nella top 35 dei peggiori al mondo, con compagni di viaggio come il Gambia, il Pakistan, il Kirghizistan e il Guatemala. I costi Il contante in circolazione genera un costo significativo per l’economia italiana: circa 10 miliardi di euro, come misurato dalla Banca d’Italia, distribuito tra tutti i cittadini. Siamo uno dei peggiori Paesi tra i 28 dell’Unione europea e di questo fatto c’è poca, quasi nessuna, consapevolezza.Ma c’èunaltro indicatore che merita la nostra massima attenzione: il Vat gap – ovvero l’Iva che non viene riscossa a causa dell’evasione fiscale – che in Italia ammonta a 35,9 miliardi di euro. A causa dell’evasione, negli ultimi 10 anni, l’Italia ha perso qualcosa come 390 miliardi di euro di gettito Iva, pari a circa il17%del debito pubblico attuale. Questi numeri devono richiamare all’attenzione l’urgenza assoluta di intervenireafavore della transizione cashless del nostro Paese, a partire dalla Legge di bilancio di quest’anno. Le analisi della Community Cashless Society, la piattaforma di confronto per la diffusione dei pagamenti elettronici in Italia lanciata da The European House-Ambrosetti nel 2015 e che coinvolge i principali attori della filiera, dimostrano che se le transazioni elettroniche in Italia (46 pro-capite) si allineassero all’attuale media dell’Ue (135 pro-capite), il Paese potrebbe ridurre il Vat gap di 12,5 miliardi di euro all’anno. Questo riporterebbe l’Italia quantomeno in linea conivalori di evasione Ivadi economie comparabili, quali la Francia e la Germania. È evidente che un Paese avanzato, soprattutto se ha un debito pubblico mostruoso come il nostro, non può permettersi di dimenticare una fetta così importante di gettito che può essere recuperata incentivando la diffusione dei pagamenti elettronici. Con la prossima legge di Bilancio, il nuovo governo ha l’occasione di cogliere questa sfida ed è importante che ancheirappresentanti del mondo produttivo — come testimonia da ultima la proposta di Confindustria — si posizionino chiaramente dalla parte della «cashless revolution» e dei suoi effetti benefici per l’economia italiana. Nel Rapporto 2019 la Community Cashless Society ha formulato una serie di proposte di policy funzionali a ridurre il sommerso in Italia. La prima riguarda l’entrata in vigore di misure sanzionatorie per esercenti e professionisti che non accettano pagamenti con carte di credito o di debito. Si tratta di una misura attesa da anni e che è stata incredibilmente messa in standby dalla decisione del Consiglio di Stato dello scorso 1° giugno. La seconda misura riguarda l’introduzione di un sistema di detrazioni e deduzioni condizionato,inlogicaprogressiva, a una percentuale minima di spese sostenute con strumenti tracciabili. È anche grazie a queste misure che la Grecia nel 2014-2016 ha recuperato un gettito Iva di circa 400 milioni, che in proporzione alla più piccola economia è come se noi in Italia avessimo recuperato 2,4 miliardi di euro. Il terzo ambito prioritario riguarda la pubblica amministrazione che necessita di un’azione pro-cashless sia sul canale fisico che su quello digitale. Per il primo è importante avere una visione e fissare una data entro cui la pubblica amministrazione si impegni a non accettare più contante ai propri sportelli. Peril canale digitale è invece necessario sfruttare il volano di pagoPA, che ha raggiunto un volume di transato di 7,8 miliardi. Si dovrebbe infatti garantire che tutti i Comuni attivino i pagamenti su pagoPA, perlomeno sulle tasse di ammontare complessivo maggiore (ad esempio Tari, multe e tasse scolastiche). Laboratorio Milano Il caso di maggior successo in Italia sull’usodipagoPAèMilano.Imotividi questo primato sono legati alfatto che Milano ha attivato su pagoPA, già nel 2017, il tributo principale in termini di entrate per il Comune, la tassa sui rifiuti(Tari). Si sono aggiunte,nell’anno successivo, le tasse d’iscrizione alle scuole d’infanzia e i bolli Suev (Sportello unico eventi)/Suap (Sportello unico attività produttive). A breve sono inoltre attese le rette dell’educazione scolastica, lemulte e gli altritributi. La Community Cashless Society ha calcolato che se tutti i Comuni italiani si allineassero alle performance del ComunediMilanoperilpagamentodi Tari e multe, i benefici ammonterebbero a 375 milioni all’anno. L’assessora allaTrasformazionedigitale e Servizi civici, Roberta Cocco, ci dimostra quindi che èpossibile conpiccoli costi operativi e tanta visione, leadership e determinazione ottenere risultati. Queste azioni rafforzerebbero anche la filiera italiana dei pagamenti elettronici che, secondo le stime di The European House-Ambrosetti (ma è poco risaputo), comprende 1.600 imprese che generano un fatturato di11,7 miliardi e un valore aggiunto di 8,2 miliardi con 21 mila occupati. La strada verso la modernità dei sistemi di pagamento è segnata dai Paesi benchmark internazionali che, come nel caso svedese o estone, stanno addirittura programmando di eliminare del tutto l’uso del contante nei prossimi anni. L’Italia ha l’occasione di accelerare, la lotta per la trasparenza non può più essere rimandata.