Virginia Piccolillo

Oggi alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo si comincerà a discutere del «Fine pena mai»: il carcere ostativo che esclude dai benefici carcerari chi si è macchiato di reati di mafia e terrorismo e non collabora con la giustizia. Gherardo Colombo, secondo lei non c’è il rischio che molti possano tornare liberi? «Il carcere ostativo, previsto dall’articolo 4 bis del nostro ordinamento penitenziario, impedisce al giudice di verificare caso per caso se il detenuto possa ottenere benefici. E di valutare se dopo un numero di anni (particolarmente elevato) di pena scontata possa accedere alla liberazione condizionale. Non vedo perché togliere al giudice questa funzione». Si applica per reati di grave allarme sociale. Il detenuto può riottenereibenefici se collabora. Non basta? «C’è anche chi non può collaborare. Ad esempio chi è dentro da vent’anni, come fa? Oppure chi ha un figlio che vive accanto a un boss mafioso e teme vendette». Non è una misura voluta da Falcone contro la mafia? «Non so quanto Falcone si sia interessato a questa legge del ‘91. Ma il punto è un altro. Perché precludere al giudice la valutazione? E poi ci sono anche una serie di altri reati inclusi nell’elenco. Ad esempio la corruzione». Che non prevede l’ergastolo. «Però per tutto il periodo della detenzione il condannato per corruzione non può avere permessi, né lavorare all’esterno». Sorprende che lo dica lei, ex membro del pool Mani Pulite, accusato di essere una «toga rossa» giustizialista. «In realtà sono uscito dalla magistratura 12 anni fa proprio perché credo che il sistema “carcere e basta” non garantisca la sicurezza dei cittadini. Occorre un sistema complessivo che deve puntare al recupero, fondato sull’educazione e sulla prevenzione: è meglio che i reati non siano commessi piuttosto che punire la loro commissione. Invece lo sa quanti sono i detenuti all’ergastolo?». Quanti? «1.790.Eall’ergastolo ostativo, per quel che mi risulta, 1.255. Oltre il 70%. Tra questi ci sono i boss, ma anche i picciotti che, magari a vent’anni, hanno ucciso durante uno scontro a fuoco, e sono passati già trent’anni da allora. Potrà un giudice valutare se possono essere reinseriti nella società? Perché lo può fare per chi ha ucciso la moglie e per loro no? Bisogna far sapere come nasce questa discussione». Dalla sentenza di Strasburgo in favore di Marcello Viola: condannato per associazione mafiosa, sequestro di persona, omicidio e possesso illegale di armi. «Esatto. Il 13 giugno la Corte europea dei diritti umani gli ha dato ragione. L’Italia ha impugnato di fronte alla Grande Camera. Se dovesse decidere che il ricorso non è ammissibile la sentenza diventerà definitiva. Peraltro anche la Corte Costituzionale a fine ottobre dovrà decidere sull’articolo 4 bis». Pensa sia incostituzionale? «Secondo me sì. Le dico una cosa che può apparire scandalosa. Se escludiamo la pena di morte, che per fortuna non esiste più, per certi versi abbiamo reso la legge penale meno liberale di quella elaborata dai fascisti. La Costituzione afferma che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Mi pare che l’ergastolo ostativo contrasti entrambe queste statuizioni».