Wanda Marra

“H o fatto un’o p erazione di Palazzo. Machiavellica, se volete. E per me Machiavelli è un grande”. Trasuda soddisfazione un dimagrito Matteo Renzi, mentre nello studio di Bruno Vespa racconta la sua scissione. Si gode la ritrovata centralità. Tutto da vedere quanto durerà e dove lo porterà. Di certo, come “t er za gamba” del governo, è in grado di condizionarlo. E poi ci sono le Regionali: Renzi non corre con liste sue, ma l’ope – razione “alleanza civica” che il Pd sta cercando di chiudere con M5s non gli piace. Colui che era partito come “r ot t amatore” e si era presentato da “sminatore” del governo PdM5s, si avvia alla sua carriera di “sabotatore”. LA GIORNATA di ieri racconta di una scissione a freddo, tra pochi entusiasmi e qualche psicodramma personale. “Che fai, vieni con me? Ricordati che una mano già te l’ho data. E nel Pd per te non c’è storia”. A una serie di parlamentari indecisi, in questi giorni sono arrivate pressioni direttamente da parte di Renzi con Whatsapp più o meno di questo tenore. Non è che ci sia proprio la fila a entrare nei gruppi dell’ex premier e neanche nel soggetto che verrà. “Italia viva” è il nome svelato dallo stesso Matteo ieri a Porta a Porta. Ricalca lo slogan della Leopolda del 2012 (“Viva l’Italia viva”), quella delle primarie perse contro Pier Luigi Bersani, da cui partì la scalata a Palazzo Chigi. I nomi in ballo erano 3 o 4, la scelta fa già un po’ amar – cord. Ma poi, il fatto che l’ex premier dissemini particolari, uno dopo l’altro, chiarisce un punto: l’operazione era fatta da quest’estate. Ha rischiato di fallire quando è caduto il governo, con la possibilità di elezioni. E il Renzi-Machiavelli (che non era pronto a misurarsi col voto) ha dato il via all’ac – cordo con M5s, togliendo il veto. E ha continuato a lavorare per strutturare il suo soggetto politico. “Con me 40 parlam en t ar i”, ha annunciato l’ex premier. Dovrebbero essere 25 deputati e 15 senatori. Ma al netto delle motivazioni personali, il senso politico de ll ’operazione è tutto racchiuso in una dichiarazione a R ep u bb li c a: “A me l’al l ea nz a strategica con Di Maio non convince”. Altro che la lezione del Talmud citata da Dario Franceschini domenica a Cortona per dire che Pd e M5s devono costruire una casa insieme “con i sassi che ci siamo tirati”. Renzi vuole “colonizza – re”il centro e costruire un soggetto alternativo e antagonista a M5s; Franceschini (che peraltro è saldamente uomo di centro) vuole portare il Pd di Zingaretti a unirsi in una sorta di amalgama con il Movimento. Prima prova, le Regionali. “Se si vota fra tre anni si vede fra tre anni” quale sarà il peso elettorale di Italia Viva. “Non corriamo alle Regionali. Mi interessa arrivare alla Leopolda con mille comitati attivi”. Prima di tutto una dichiarazione di “impote nza” (meglio non contarsi). Ma al Nazareno tirano un sospiro di sollievo: “Non si metterà di traverso”. Una speranza. Se in Umbria, l’ex premier finirà per appoggiare il civico che sceglieranno Pd e M5s (con convinzione relativa), difficile che possa assistere alla rimozione di un candidato come Stefano Bonaccini per l’Emilia Romagna. “In Toscana, c’è un candidato del Pd e si chiama Eugenio G ia n i ”, dicono i suoi. Tanto per chiarire quanto sia pronto l’ex premier a dire la sua. IN TAN TO, Luca Lotti annuncia pubblicamente che non andrà con l’amico di sempre. “Poi spiegherò”. I destini dei due si sono separati da quando “il Lam padin a” ha deciso di strutturare la sua corrente. “Luca ha utilizzato il nome di Matteo per fare carriera politica nella sua ombra”, accusano gli uscenti. Anna Ascani, appena diventata viceministro, sceglie di restare nel Pd. Motivazioni personali, tra cui i dissapori con la Boschi. Nel frattempo, Renzi aggiorna il pallottoliere. Alla Camera sembrano certi Rosato, Boschi, Marattin, Migliore, Anzaldi, Giachetti, Nobili, Paita, Mor, Marco Di Maio, Fregolent, Scalfarotto Annibali, Carè, Del Barba, Noja, Ferri, De Filippo, Ungaro, Librandi. Si aspettano innesti dal Misto e da FI. Al Senato Bonifazi, Bellanova, Garavini, Grimani, SudanoMagorno, Comincini, Faraone. In trattative, altri 3 o 4. Andranno nel Misto: per costituire un gruppo sarebbe servito un simbolo presentato alle elezioni. DOPO MESI, il tentativo di ottenere quello di Nencini è fallito: ci vuole l’ok anche di Giulio Santagata (che lo detiene insieme a lui) e non è arrivato. In tutto questo i big del Pd sono sconcertati e preoccupati. Anche se Zingaretti ostenta tranquillità per una “sci ss io ne flop”. “It’s a big problem”, ha detto Dario Franceschini alla sua omologa tedesca. D’al tr a parte, la domanda su che cosa cambierà la scelta di Renzi tiene banco all’estero. Ieri, Frans Timmermans è andato all’As – semblea del Pd a Strasburgo (pure li dubbiosi, a partire da renziani d’origine come Simona Bonafè): “Quando si spacca l’unità per motivi personali, diamo fiato alle destre”.